Mentre stiamo per archiviare un 2018 difficile e certamente non avaro di guai, accogliamo il nuovo anno con l’animo pieno di speranza, scandita dal consueto ritornello degli auguri, oggi più che mai necessari per ognuno di noi! Non penso di dire un’eresia nell’affermare che abbiamo assistito ancora una volta a un campionario di orrori non indifferente: da efferati fatti di cronaca, a squallide vicende politiche e relative conseguenze per la nazione, per finire con i drammatici fenomeni scatenati dalla Natura, sempre più ferita dall’incuria umana e quindi ben determinata a vendicarsi senza pietà… il tutto condito, poi, da un’atmosfera di cattiveria e odio generalizzato sempre più crescente, che rende questa nostra società più simile a una giungla, piuttosto che a un insieme “armonico”!
Ciò nonostante, mi piace approfittare di questo periodo di festa e riflettere, insieme a voi, sul senso di “Natale” e “Anno nuovo”, ovvero due momenti che i tempi moderni ci fanno consumare in fretta e che pochi vivono come “pausa” costruttiva. Quante volte, anche in questo periodo di festa, ci troviamo ad incrociare amici o conoscenti e liquidarli con un frettoloso “ciao, auguri… tutto bene? Scusa ma vado di corsa.... Saluti a casa!”. È proprio questo concetto del “di corsa” che mi fa pensare. La gente corre, corre... il tempo gli sguscia dalle mani ma poi, in fondo… corre per andar dove? “Fugit interea, fugit irreparabile tempus” (“Fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo” - Virgilio - Le Georgiche) e tutti, invece di viverlo pienamente, perdiamo sempre di più il senso della nostra esistenza.
La nostra cultura (quella con la “c minuscola”) impone la prevalenza dell’avere sull’essere e questa corsa a ciò che di fatto è effimero è la prima causa di un degrado della specie umana, ormai capace delle azioni più turpi pur di arrivare all’obiettivo! Si vive e si corre, dunque, ma “non ci si vive”, e una vita “di corsa” semina soltanto disagio e conseguenti problemi di varia natura che provocano un decadimento degli equilibri etici, sociali e civili. Diceva, a tal proposito La Bruyère: “La plupart des hommes emploient la première partie de leur vie à rendre l’autre misérable” (La maggior parte degli uomini impiega la prima metà della vita a rendere miserabile l’altra!”).
Ecco quindi che sarebbe bene che ognuno vivesse il Natale e la fine dell’anno per fermare un attimo il proprio mondo (ma senza scendere!), fare un serio esame di coscienza, riprendere le redini di sé stesso e considerare il tempo (e quindi l’anno che passa) non soltanto come un evento qualsiasi del calendario, ma piuttosto come un’occasione per imparare dal tempo che è passato e proiettarsi verso un domani migliore, facendo soprattutto tesoro della nostra storia individuale - ma anche collettiva - per analizzare, meditare e cercare di migliorarsi sempre, evitando di ricadere in errori e scelte non proprio felici. Certo, “Vivere militare est” (Vivere vuol dire combattere” - Seneca il Giovane - Epistulae), e questa nostra riflessione vuole essere proprio un invito ad essere più presenti a sé stessi, in ogni momento, e allora permettetemi di concludere con un sincero augurio di vera “rinascita”, affinché tutti riusciamo a liberarci dalla schiavitù di una vita dettata dagli eventi e dai frenetici ritmi quotidiani, e a riprenderci la nostra reale dimensione armonica!
Buone Feste a tutti e… Ad maiora!!!