a cura di Maurizio Festuccia

Giugno 2019

SCATTO D'AUTORE

UN PROFESSIONISTA: ENRICO AGUZZI

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(di Maurizio Festuccia) E' la volta questa di avvicinare un professionista della fotografia, Enrico Aguzzi. Il mondo dell'amatorialità al momento sembrerebbe non offrire personaggi degni di nota da porre sotto la nostra... buona luce, ma saremo pronti ad accogliere quanto prima nuove realtà qualora dovessero emergere grazie alla loro interessanti storie.

 

Enrico, come 'fotoamatore' sei un po' atipico, spiegaci perché

"In effetti ho iniziato subito a livello professionale, saltando a pie' pari l'iter dell'amatore, come a tanti accade. Il tutto è iniziato facendo l'assistente fotografo al caro Silvano Tavani: andai a chiedergli di poter lavorare con lui per racimolare qualche soldo e rendermi il più possibile autonomo, dopo essermi presentato nel negozio di De Francesco che, però, non avendo molti servizi matrimoniale non poté essermi d'aiuto. Silvano, invece, mi diede immediatamente l'opportunità di seguirlo nei servizi di cerimonia, e da lì prese il via la mia carriera. In realtà avrei potuto abbracciare qualunque altro mestiere: all'epoca, abitavo al centro storico di Rieti e sarei potuto diventare magari uno chef partendo da semplice lavapiatti in un ristorantino, se solo fosse stato vicino casa mia come invece era uno studio fotografico. Per cui... tutto è cominciato in modo molto casuale.

Colsi poi l'occasione di poter continuare la mia strada professionale assieme ad Italo Salvemme, con cui rimasi a lungo fino al momento di rendermi conto che potevano essere maturi i tempi di azzardare ed aprirmi, contemporaneamente, magari solo per un paio d'ore la sera, un piccolo studio in viale dello Sport dove realizzavo i miei primi piccoli lavoretti in autonomia dato che ero costretto ad accogliere, fin a quel momento, in casa qualche iniziale cliente. 

Dalla bottega al negozio.

"Dal mio primo piccolo studio in un garage ai nuovissimi locali di oggi il passaggio è stato graduale, sempre sofferto, sempre azzardato, sempre con mille incognite e difficoltà, ma grazie all'aiuto della mia famiglia e, non ultimo, dall'apprezzamento del pubblico, il percorso ha sempre dato ragione alle mie scelte. Ci sono stati periodi molto difficili, quasi volevo desistere dall'andare avanti, momenti durissimi, ma le  cose comunque funzionavano e dal solo studio fotografico iniziai anche ad organizzarmi per la vendita. L'avvento del digitale diede un po’ a tutto il settore dei momenti di impasse nelle rispettive attività: nessuno più stampava le proprie foto, magari per il semplice motivo di vederne il risultato. Era ora di inventarci qualcosa d'altro per dare seguito al nostro lavoro ed allora, rimboccandomi le maniche, ignaro fino a quel momento di cosa fosse un computer, un mouse, un programma, seguì corsi specifici per capirne di più ed essere capace, oggi, di veder tracciata una nuova strada per il mio futuro e quello dei miei figli che, fortunatamente, hanno sposato in pieno questa mia professione (nata per caso) con totale dedizione, passione ed amore. 

Poi la passione...

"All'epoca avevo una modesta Kodak istamatic con cui il mio mondo della fotografia iniziava ad aprirsi anche sul versante della passione. Poca roba, poche foto, per lo più rivolte alla natura: i primi macro sulle sponde del Velino ma già iniziavo a sperimentare qualche scatto particolare mettendo in primo luogo la scelta della luce e della profondità di campo per dare al soggetto quel qualcosa di diverso, di unico che, nel tempo poi, avrebbe condizionato e caratterizzato il mio 'stile' di fotografo. Da lì a poco acquistai la mia primissima reflex, una Yashica FX3 Super2000, pagata a rate scontandola grazie ai servizi che realizzavo durante il mese da Salvemme, per potermi sbizzarrire e penetrare quanto più possibile l'intero mondo della fotografia a me praticamente sconosciuto fino a quel giorno. In casa non esisteva la 'cultura della fotografia' come accade per chi, poi, ne continua il percorso per passione o tradizione di famiglia, ed iniziai a fare foto a chiunque, in qualunque occasione, tra i miei parenti più stretti." 

Quale ritieni un tuo particolare vanto nel cammino professionale?

"Ho sempre considerato un limite per la fotografia quello delle sue sole 'due dimensioni', le mancherebbe in realtà la 'terza dimensione' ovvero la profondità. Pertanto, la difficoltà, la ricerca di dare ad una immagine più vita, più realtà possibile, cercando di non farla mai apparire 'piatta', è stato il mio più grande impegno in questo campo. La chiara sensazione di conferire ad uno scatto questa 'terza dimensione', nel mio percorso di studio e di crescita, è passato molto da lì. Ridare al soggetto la sua originaria dimensione voleva dire utilizzare la massima apertura di diaframma possibile per mettere a fuoco solo lui, rendendo sfocato tutt'attorno, e non utilizzare in modo classico il flash, che avrebbe solo appiattito qualunque cosa, ma utilizzandone più d'uno per illuminare e creare le giuste ombre, in modo adeguato, conferendogli una forma, una tridimensionalità, molto più vicino al naturale. Utilizzavo questa tecnica sia negli scatti amatoriali, sia in quelli professionali e, in realtà, fu proprio questo percorso che mi permise di differenziarmi nel settore del lavoro facendomi acquisire quel quid in più di cui ancora oggi vado orgoglioso." 

Possiamo definirlo un passaggio fondamentale per la tua attrazione verso la fotografia?

"Ciò che si poteva realizzare con una reflex era praticamente impossibile con una compatta e questo tipo di sperimentazione mi stimolava tantissimo. Mi piaceva giocare con la luce, specialmente nel mio studio attrezzato ad hoc, ed anche i clienti apprezzavano moltissimo questo modo 'nuovo' di vedere realizzate le foto ricordo che costruivo loro." 

Qual è stato il tuo primo interesse da 'amatore'?

"A livello personale, del tutto amatoriale, ho sempre avuto una pulsione forte e diretta per la natura, come dicevo. Non saprei... la rugiada sulle foglie, una ragnatela in controluce, le spighe di grano in campagna, la rotondità di un fiore, piccoli insetti da mettere in risalto: la macrofotografia più che il paesaggio di per se'. Amavo il particolare ed anche grazie proprio a questa mia tecnica 'sperimentale' che inseguivo da sempre, i miei scatti assumevano particolare fascino. Inizialmente, non avendo soldi per acquistare obbiettivi ed attrezzatura idonei, utilizzavo le più 'modeste' lenti addizionali per la messa a fuoco e semplici pannelli di cartone chiaro o polistirolo per ammorbidire le ombre. Al fine, la resa era comunque più che soddisfacente. Oltre questa tipologia di soggetto, anche il ritratto era uno dei miei preferiti, e l'immancabile sala posa dei miei vari studi fotografici, mi permetteva di meglio dosare la luce, il controluce, le ombre, il filtro diffusore, la profondità di campo, l'inquadratura e l'ambientazione del soggetto da ritrarre nel modo meno artefatto e più naturale possibile. Ovviamente i primi esperimenti, prima di tradurli al cliente, li conducevo sui miei stessi familiari: su quella che sarebbe diventata la mia futura moglie, e poi sui miei stessi figli. Tutti a fare da... cavie. Ancora una volta tutto quanto studiassi in forma amatoriale veniva poi riportato nella professione.

Anche nei servizi di matrimoni e cerimonie varie, utilizzo molto il teleobiettivo: un po' perché fondamentalmente sono timido ma prevalentemente perché questa 'distanza', questa 'discrezione' mi permette di cogliere nella gente la spontaneità degli atteggiamenti ed espressioni, quelle meno scontate, le più naturali possibili e, quindi, più vere e più belle. Cerco sempre di non essere invadente ma di contenere il mio contatto con le persone che ritraggo."

 

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