a cura di Ileana TOZZI

Ottobre 2017

STRADA FACENDO

TACA BANDA

cultura

Dopo un lungo tratto della vita speso nella conservazione dei beni culturali, è giunto per me il tempo di dedicarmi con altrettanto zelo alla custodia dei beni immateriali.

D’altra parte, il mio tesserino di Ispettore Onorario del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo mi vincola alla «tutela e la vigilanza del patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico della Regione Lazio», ai sensi di un Regio Decreto di 110 anni fa.

E che cosa c’è di più degno di valorizzazione del patrimonio musicologico e socioculturale rappresentato da una banda?

Da poche settimane, ho assunto l’incarico di presiedere alla Banda Musicale Città di Rieti, diretta dal M° Giancarlo Cecca: per onorare al meglio questo mio nuovo impegno, provo a ricapitolare e condividere con i lettori di Format la storia del passato da cui prende origine questa nostra bella realtà. Fin dall’antichità, la musica bandistica si era identificata essenzialmente con gli ottoni che con i loro suoni enfatici scandivano il passo degli eserciti in marcia.

Nel corso dell’Ottocento, l’attività musicale bandistica si emancipò finalmente da questa identità marziale per assumere nei concerti all’aperto una originale, più serena funzione sociale. La Belle époque ridisegnò con Hausmann l’urbanistica di Parigi, e anche i borghi più periferici dalla capitale francese imitarono il dettato del famoso architetto francese piantando latifoglie e sempreverdi nei parchi e nei viali che ingentilirono l’aspetto severo dei borghi antichi: e proprio i parchi furono lo scenario ideale per i concerti bandistici che, ad imitazione delle Stadtmusiker mitteleuropee, furono destinati ad allietare i lunghi pomeriggi d’estate dei ricchi borghesi e del ceto operaio, distratto per un momento dalle sue legittime rivendicazioni grazie alle allegre note dei musicisti formatisi nelle scuole comunali fiorite dopo l’unità d’Italia, nell’intento di favorire l’affermazione di un nuovo sentimento patriottico.

Fu così anche per la città di Rieti, dove nel 1860 furono istituite la Società Filarmonica e la Società promotrice Arti liberali, a cui fece seguito nel 1863 la Scuola Comunale di Banda, Musica, Violino.

Per offrire alla Scuola Comunale una degna sede, il Comune decise di abbattere la chiesa di Sant’Anna annessa al monastero delle Clarisse di Santa Lucia, in quel torno di anni incamerato per effetto delle postunitarie leggi eversive.

La piccola chiesa era stata costruita agli albori del Cinquecento dal Canonico don Crescenzio Donati. Alla sua morte, gli eredi misero in vendita il piccolo edificio offrendolo all’Arte dei falegnami, da poco costituitasi in confraternita, a condizione che onorassero la festività di Sant’Anna e conservassero all’interno della chiesina il monumento funebre del congiunto, ma la Compagnia di San Giuseppe trovò troppo esose le richieste dei Mazzetelli, proprietari della chiesa. Solo nel 1608, la chiesa di Sant’Anna fu acquistata dal marchese Ippolito Vecchiarelli, che ne fece dono alla sorella suor Chelidonia, priora del monastero delle Clarisse.

Questa breve pagina della storia reatina racconta così le origini della Banda Municipale e ci aiuta a ricostruire nella memoria collettiva l’immagine dimenticata della Rieti dell’Ottocento, tesa a conquistare il suo spazio nel Regno d’Italia.

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