Sedeva Anita insieme alle altre donne e al piano terra del Palazzo Colelli cuciva camicie rosse per tutti. Per la prima volta viveva una quotidianità matrimoniale, scandita dal susseguirsi delle ore, insieme al suo uomo in una casa vera in Italia, dormendo al suo fianco ed amandolo appassionatamente su un vero letto. Tutto questo a Rieti.
Rieti Misteriosa? Sì, nonostante sia Storia ancora in pochi sembrano conoscere pagine di cui dovremmo essere orgogliosi.
Le donne di Porta d’Arce la chiamavano Sor Annita, ammirati da quella rivoluzionaria che pur di seguire l’uomo che amava aveva abbandonato la sua terra; al quale aveva dato tre figli ed ancora capace, nonostante le privazioni, gli stenti, la fatica, di andare fuori di testa per gelosia del suo ‘Josè’. Sarà lui ad attribuire ad Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva quel diminutivo spagnolo di Anita, con il quale è nota.
ARRIVO DI GARIBALDI
In seguito alla fuga a Gaeta di papa PIO IX e alla proclamazione della Repubblica Romana, Garibaldi decise di muoversi verso Rieti per avvicinarsi a Roma e controllare il confine con il Regno delle due Sicilie. Rieti diventa così la città nella quale il Risorgimento viene vissuto ‘in diretta’.
Dal 29 gennaio al 13 aprile 1849, per 40 e più giorni insediò qui il suo quartiere generale. Arrivò con 500 garibaldini per costituire la I Legione italiana, il primo esercito italiano in difesa della Repubblica Romana (che sarebbe poi diventata Repubblica Italiana). All’entrata presso Porta Cintia, lui e i suoi 500 uomini furono accolti nel primo pomeriggio dalla banda musicale e dalla guardia civica. Ne avrebbe arruolati, mentre si trovava in città, altri 700.
Inizialmente nessuno voleva accogliere quelle ‘teste calde’. Dapprima il Comune sperava che bastasse la caserma di Angelo Olivetti in via Centuroni; ma poi fece distribuire i garibaldini nei conventi di S. Antonio del Monte e di S. Mauro fuori della città e di S. Francesco e S. Agostino dentro. Si occupò anche la Casa Pia degli esercizi presso S. Scolastica, per un ospedale succursale e, più tardi, per il sempre crescente numero di volontari, si ricorse anche ad alberghi e case private. Alcuni cavalli, poi, trovarono riparo nella scuderia del palazzo Sanizi mentre i lancieri con i loro cavalli nella casa del barone Capelletti e a S. Domenico. A Garibaldi venne proposto il palazzo del march. Girolamo Colelli, in via degli Abruzzi (ora appunto via Garibaldi). Il proprietario dapprima si affrettò a sottolineare come la casa mancasse di qualche comodità, poi si vide costretto a ritirarsi in quattro stanze del secondo piano, riservando all’ospite l’intero primo piano.
Il palazzo si trasformò così in quartiere militare e in un vero e proprio ufficio, succursale di quello romano. Avendo bisogno i nuovi e vecchi militari di divise, tutto il piano terra che dà su via Garibaldi diventò laboratorio per i sarti della città e della legione, mentre i magazzini sul retro custodirono armi e materiali. Il 25 aprile lo raggiunse a sorpresa la sua innamoratissima Anita, incapace di rimanergli lontana, dopo aver affidato a sua suocera i tre figli Menotti, Teresita e Ricciotti. Se ne andrà da questa città di nuovo incinta.
La presenza della legione, naturalmente, turbò subito quella tranquillità a cui gli abitanti, da buoni provinciali, non sapevano rinunciare. “Lasciò una buona impressione nei Reatini il rispetto che Garibaldi nella sua prudenza mostrava alle cose di religione, e il freno che egli poneva alle intemperanze dei legionari, la maggior parte dei quali era tutt’altro che tenera del cattolicismo”
Lo stesso Colelli, appena ebbe modo di conoscerlo meglio, mise a disposizione tutta la sua biancheria, per i bagni a vapore necessari per guarire dai dolori artritici. Di tante premure Garibaldi gli era grato e spesso ripeteva pubblicamente come Colelli fosse un uomo unico e rispettabile. Partendo lo salutò e ringraziò caramente della lunga ospitalità e in memoria della sua amicizia e gratitudine gli donò una bella canna con pomo di avorio lavorato, con cui si esercitava nella scherma con i suoi ufficiali. Dopo la partenza di Garibaldi, il marchese collocò il paracamino dinanzi al caminetto della sala del primo piano, ordinando che non fosse rimossa la cenere di quel fuoco che aveva riscaldato per tanto tempo il Generale.
(continua)
LA RIAPERTURA DEL PALAZZO E IL SUO FUTURO
Alla prof. Daniela Acuti, nipote della famiglia Colelli, si deve la sensibilità necessaria alla riapertura di uno dei palazzi storici reatini. Da tempo in quelle stanze si svolgono attività di animazione culturale, sfilate di moda, incontri musicali anche internazionali.
Ora prende il via una nuova iniziativa il ‘Percorso di Dimore storiche da Porta d’Arce a Porta Cintia’.
“Senza nulla togliere alla bravissima Rita Giovannelli - puntualizza la prof. Acuti - che da tempo ha iniziato un’operazione di recupero del nostro territorio attraverso le visite guidate, da reatina passeggiando e alzando gli occhi mi sono resa conto che troppe case rimanevano ormai chiuse. Ho iniziato chiedendo a mia zia e ai miei cugini di restituire considerazione a questo Palazzo chiuso da ben vent’anni, aperto solo per eventi di famiglia. Ho avuto la loro completa fiducia. E’ una dimora d’epoca, l’ho strutturata come casa vacanze e qui abbiamo ospitato le delegazioni di Norhorn o ungheresi. La ritengo molto bella ma ce ne sono altre, quindi ho contattato altri proprietari - alcuni sono parenti, altri amici avevo già visionato le loro case - non volendo entrare nel loro privato mi sono limitata al momento a proporre un percorso di visione delle facciate in collaborazione con Matilde Fallerini e con Rita Fagiani come guida. Se pian piano qualcun altro vorrà aprire il proprio portone e magari rendere visitabile una, due stanze, farà una grande opera culturale per un patrimonio da salvaguardare. E’ solo un piccolo inizio per un progetto ben più ampio.”