Giugno 2023

STORIE

NADIA: VI PRESENTO LA FSHD, MIA COMPAGNA DA 22 ANNI

L’appello al Sindaco

persone, salute, storie

di S. Santoprete - Nel tempo, Format ha riconosciuto come una propria missione quella di portare a conoscenza del grande pubblico malattie di cui solitamente non si parla. Accadde moltissimi anni fa per la dislessia, allora argomento tabù, si è ripetuto recentemente per l’endometriosi. Questa volta è Nadia Angelucci a chiederci di dare visibilità alla sua patologia. 

“Vivo da sempre a Rieti, ho 59 anni. Ho scoperto di avere questa malattia rara nel 2001, poi diagnosticata l’anno dopo, convivo quindi da 22 anni con questa compagna che mi ha stravolto la vita: la Distrofia Facio-Scapolo-Omerale (FSHD) malattia rara, progressiva e invalidante, attualmente senza una cura, che vede l’individuo perdere con l’età la propria autonomia motoria”. 

Nel 1997 Nadia è una donna sposata, lavoratrice, moglie e madre di due piccoli, Ivan e Noemi. Attenta, premurosa, soprattutto indipendente. Improvvisamente la stanchezza; i dolori iniziano durante la notte, diffusi in ogni parte del corpo. Un’indicazione troppo generica per riuscire a mettere a fuoco immediatamente una diagnosi, complice una elettromiografia male eseguita, si parla dapprima di depressione. “Devo ad un ortopedico, il dott. Vincenzo Buompadre, l’intuizione giusta. Mi vide camminare e intuì per primo un problema muscolare. Mi invitò a seguirlo a Terni per ripetere alcuni esami di cui non era convinto ma ero sfinita dalle visite già fatte per il byte, per il bustino, per i plantari, e decisi di sospendere tutto. Fu mio marito, Michele, a ‘costringermi’ ad un ricovero per capire quale fosse la causa di tutti i miei sintomi. In Neurologia nel nostro ospedale era arrivata la  bravissima dottoressa Sabrina Roncacci che durante la visita fece emergere un forte dolore accompagnato dalle lacrime: era la mia scapola destra ormai scesa, a causa del cedimento del muscolo. Per la biopsia e l’esame della genetica mi indirizzarono al Policlinico Gemelli dove conobbi il neurologo prof. Enzo Ricci, diventato l’angelo custode che mi ha seguito da allora fino ad oggi”. 

La distrofia muscolare facio-scapolo-omerale è una malattia genetica caratterizzata da debolezza muscolare progressiva che interessa in particolare i muscoli della faccia, delle spalle, delle braccia e, in alcuni casi, anche degli arti inferiori. In genere si manifesta già a partire dall’infanzia, ma in alcuni casi può insorgere più tardi, durante l’adolescenza o l’età adulta. 

“Ero definita una bambina ‘sbadata’, maldestra, soggetta ad improvvise cadute, destinata a diventare un’adolescente costretta a farsi firmare l’esonero dall’ora di attività fisica, poiché non riuscivo ad eseguire gli stessi esercizi degli altri. Ero completamente inconsapevole. Ora sono un’adulta con in mano una diagnosi ma senza possibilità di cura: non esiste altro che la fisioterapia. Se si sta male, terapia del dolore o tachipirina o cortisone. Nella fase acuta i dolori sono persistenti, seguono i crampi e poi accumulo di acido lattico ovunque, certamente le cose non sono migliorate con le varie fratture collezionate: nel 2017 il braccio, un omero distale, in ricordo ho 19 viti e tre placche che non posso rimuovere e poi il femore, una iattura per chi è malato di FSHD, per la cui riabilitazione debbo ringraziare la professionalità dei fisioterapisti della RiaH di Rieti. ‘Malattia mia mi fai compagnia ma io ti sconfiggerò’ dichiarai all’inizio. Non ho mai mollato, sebbene ogni volta la situazione sembrasse peggiorare. La malattia ha attaccato anche i muscoli della respirazione, sono stata ricoverata più volte per insufficienze respiratorie gravi e attualmente ricorro all’ossigeno al bisogno, dopo varie misurazioni giornaliere”. 

Abbiamo incontrato Nadia nella sua casa, a bordo di una ‘Ferrari’, la sua accessoriata sedia a rotelle. Ci mostra come, con un joystick, può cambiare posizione alla seduta per riposarsi sdraiandosi o come può elevarsi per raggiungere altezze diverse, necessarie ad esempio per prendere un bicchiere da una credenza. Un mezzo ingombrante per il cui trasporto occorrerebbe un veicolo specifico e quindi costoso, un prezzo non sostenuto però dallo Stato, neanche in parte. 

“Ho dovuto rinunciare a partecipare a tanti eventi, la Festa del Sole, la Processione di Sant’Antonio per dirne alcune, poiché ogni volta deve arrivare un mezzo a noleggio per trasportare questa carrozzina e poi rimontarla una volta giunti a destinazione. Vorrei smettere di pesare sempre sulle spalle di mio marito. Ho ancora l’ostinazione per tentare di recuperare più autonomia possibile. Sono andata a Terni, mi sono sottoposta al test del Centro Autonomi per la Patente e l’ho superato: ciò che mancherebbe è una mia automobile”. 

Nadia lavora oggi al centralino dell’Istituto Alberghiero, dove viene accompagnata dal marito. Nel frattempo un mezzo a noleggio trasporta la sedia a rotelle all’interno della scuola, dove rimane per l’intera settimana, lasciandone sprovvista la nostra intervistata.  Il presidio sanitario in questione, abbastanza costoso, è stato ottenuto con l’intervento dell’Associazione FSHD di Roma cui ha aderito come malata e che cerca di dare risposte ad ogni sua esigenza medica, terapeutica e di sostegno. L’associazione si occupa anche di sensibilizzare e raccogliere fondi per la ricerca, ad esempio attraverso un libro in cui troverete anche la storia di Nadia e che potrete da lei acquistare “Storie diverse. La normalità del disagio”

Ironia della sorte, nonostante il positivo approccio alla vita, l’espressione di Nadia sembra sempre imbronciata poiché questa patologia ha colpito anche i muscoli facciali, quelli necessari per un sorriso. Quello che ci regala in foto vale quindi come un regalo! 

L’appello al Sindaco 

“Il 20 giugno è la Giornata Nazionale dell’FSHD, in alcuni Comuni siamo riusciti a ottenere un segno di sensibilità nei confronti dei malati illuminando con una luce particolare alcuni monumenti. Sarebbe bello che anche la mia città ci fosse accanto in questa battaglia per la ricerca e magari, considerando la disponibilità del prof. Ricci, realizzasse degli incontri sull’argomento”.

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