In questa rubrica di Rieti Misteriosa, abbiamo spesso fatto notare come leggende, tradizioni orali, storie e misteri possano essere motivo di traino per suscitare attenzione turistica nei confronti di determinati luoghi.
Montenero: il fascino della dea Vacuna
Ma non c’è nulla di più affascinante che vedere tornare alla luce concretamente una testimonianza dei miti e culti di un tempo. E ciò che è accaduto recentemente a Montenero può dirsi direttamente collegato ai misteri che questa terra ci riserva consegnati in dote dai nostri predecessori. Dopo quasi un mese di lavori e di ricerche nel sito di Leone a Montenero Sabino, si sono conclusi gli scavi archeologici dell’università di Lione. Nel corso di quattro settimane si sono succedute scoperte e ritrovamenti estremamente rilevanti riguardanti i resti murari di un grande edificio caratterizzato da più ambienti con pavimenti in signino ben conservati e materiali di pregio (tra cui ceramica a vernice nera, ex voto in terracotta e monete). Questi ritrovamenti rafforzano la convinzione di aver individuato un’area di culto, dedicata alla dea sabina Vacuna, citata in un’iscrizione ritrovata nel secolo scorso nei pressi del sito dello scavo. Le strutture messe in luce testimoniano una frequentazione dell’area almeno a partire dal III sec. a.C. fino all’età augustea, con una nuova occupazione attorno al IV-V sec. d.C., epoca a cui potrebbero appartenere alcune sepolture scoperte sul sito. Il prof. Filippo Coarelli, noto archeologo specialista di Roma e del Lazio, che ha avuto occasione in questi giorni di visitare lo scavo, ha sottolineato l’importanza dei ritrovamenti per la conoscenza del culto di Vacuna e, più in generale, dei santuari della Sabina in età romana. 15 gli archeologi che vi hanno lavorato diretti dai docenti del Dipartimento di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Università di Lione (Aldo Borlenghi e Matthieu Poux, université “Lumière Lyon 2”). Ed un piccolo miracolo è come tutto questo sia stato reso possibile grazie ai contributi delle istituzioni, alle attività commerciali presenti come sponsor ma anche ai diversi cittadini di Montenero e non solo, che hanno offerto le proprie abitazioni, il proprio aiuto nella preparazione dell’area di scavo, la fornitura di cibo o attrezzature. Un intero Paese è stato quindi coinvolto nella ricerca delle proprie radici, intuendone la grande rilevanza storica e la possibilità di rinnovato interesse per un turismo anche culturale.
I luoghi di Vacuna
Delle ninfe oracolari del laghetto di Paterno vi abbiamo già parlato, ma la dea fa sentire ovunque la sua presenza senza apparire (‘quella che non si può scorgere’) parla attraverso la natura e regala ‘vacanze’ Il culto di Vacuna era molto seguito nell'antica Sabina tanto che lo stesso Numa Pompilio, re sabino di Roma, insegnò al popolo romano a rispettare questa divinità. Secondo la tradizionale interpretazione la dea era protettrice dei villeggianti, di coloro che si davano ai divertimenti ritemprando la propria salute fisica negli spensierati ozi della campagna. Da ciò sarebbe quindi derivato il vocabolo latino vacare che significa cessare con il riposo dalle molestie preoccupanti dell'animo; come vacanze si chiamano appunto quei periodi di riposo destinati alla tranquillità e ai passatempi.
Il nome del paese di Vacone deriva dal suo culto, Bocchignano era in origine ‘Vacunanium’ e il santuario della dea sorgeva al posto del castello. Ma sono molte le località in cui attraverso iscrizioni si rintraccia il suo culto.
La Grotta di Monte San Giovanni
La Grotta di San Michele è un piccolo santuario rupestre ricavato in una grotta, ed è circondato dai boschi del Monte Tancia. Si ritiene che originariamente la grotta, cavità aperta nella falesia, fosse luogo consacrato alla dea Vacuna, così come testimoniato da una figura femminile scolpita in una stalattite, scomparsa da 25 anni. Secondo la leggenda risalente al IV sec. d. C., il papa Silvestro, dal suo ritiro sul Monte Soratte, avrebbe visto due angeli scendere dal cielo e sconfiggere il terribile serpente che si era insediato nella grotta, vittoria della cristianità sul paganesimo. Le lunghe e aspre lotte tra l’Abbazia di Farfa e la Diocesi di Rieti per il possesso della grotta testimoniano la sua crescente importanza come meta di pellegrinaggi. La contesa ebbe inizio nel 1051 tra l’abate di Farfa Berardo I e il vescovo di Sabina Giovanni che rivendicò il possesso della grotta, arrivando a demolire l’altare e trafugare le reliquie. Sulla via del ritorno un improvviso temporale lo costrinse a cercare riparo e nel punto in cui posò le reliquie miracolosamente smise di piovere; cessata la tempesta il vescovo tornò all’episcopio, dove fu colto da un malore che gli paralizzò metà del corpo e lo indusse a restituire le reliquie. La storia della grotta e del culto è senza dubbio interessante, ma anche una attenta osservazione dei fenomeni geologici che ancora adesso si stanno verificando nella cavità carsica contribuisce ad accrescere il fascino dell'antico eremo. Le pareti appaiono scavate da una forza possente e fantasiosa, quella dell'acqua che nel corso di millenni ha modellato vari bracci secondari della cavità principale, con andamenti sinuosi e imprevedibili.
Nelle foto: Un delfino stilizzato, caratteristico dei pavimenti in Opus Signinum del II sec.a.C. ed un ex voto a forma di utero, indizio inedito di una probabile funzione salutare della dea