a cura di Francesco Pasquetti

Ottobre 2021

L'AVVOCATO DEL DIAVOLO

MEGLIO LA GALLINA DOMANI DELL'UOVO OGGI: I PONTI REATINI ED IL PARADOSSO DELL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE

città

di Francesco Saverio Pasquetti - La politica, si sa, vive di paradossi. Che a volte possono risultare anche simpatici. Ma non quando mettono a repentaglio la salute e l'incolumità degli amministrati. È ciò che accade con i ponti sul fiume Velino. Dopo essere stato ignorato per decenni ora questo strumento antico quanto l'uomo ed essenziale nel contesto urbanistico di una città è divenuto l'ultimo grido del proclama elettorale. Nell'arco di pochi lustri ben tre (compreso quello che dovrà essere aperto sulle chiuse di via velinia) sono stati i ponti inaugurati. Ed è di pochi giorni, udite udite, l'annuncio che ne sorgerà un altro in grado di collegare la zona di Campomoro a quella dei pozzi. Sarebbe il settimo (ponte Milardi, ponte Chiuse, ponte papa Giovanni, ponte Romano, ponte mons. Pietrolucci, ponte Cavallotti più il nuovo) nell'arco di una paio di chilometri di fiume: forse nemmeno il lungotevere capitolino può vantare una tale densità in fatto di ponti! Tutto ciò sarebbe perlomeno pittoresco se non ci fosse il lato quasi tragico della vicenda: mentre dall'assessorato ai lavori pubblici si annuncia in pompa magna il nuovo fantasmagorico collegamento fra sponda e sponda ve n'è uno che cade a pezzi da anni e che mette a serio rischio l'incolumità dei reatini. È accaduto proprio a chi scrive ieri sera: ore 19,30 circa, rientro dal lavoro verso casa, proprio zona Campomoro. Attraverso indenne il primo tratto di legname oramai ridotto in modo pietoso che dalla zona dei locali sul lungofiume “traghetta” sino al tratto di ciclabile che conduce sulla Salaria ed al vicino centro commerciale che sorge lì dove anni fa v'era un'antica fornace. E' un po' tardi e vado di fretta: sarà probabilmente la mia fortuna. Nel transitare sul piccolo tratto in legno che consente il passaggio li dove c'è la chiusa – oggi inattiva – che faceva defluire l'acqua del fiume verso la Cavatella, avverto un cedimento della struttura. Fortuna vuole che sia il mio piede sinistro a poggiare sulla parte interna della tavola e non il destro su quella esterna: fosse stato così mi sarei ritrovato la gamba d'improvviso dentro un buco lasciato dal legno oramai fradicio, con conseguenze per il mio arto inferiore che non oso nemmeno immaginare. E se vi fosse transitato un bimbo? O un anziano? E così, mentre si fantastica di nuovi ponti “verso l'infinito ed oltre” il cittadino attonito rischia la propria salute. E' urgente porre rimedio all'esistente affinché nessuno si faccia male. Una regola semplice ed aurea che però non sembra albergare nelle intenzioni di chi abita palazzo di città. Paradosso kafkiano in piena regola. Peccato si tratti della realtà.

21_10_21
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