(di Maurizio Festuccia) Ci stiamo avviando verso la fine di questa rubrica che ha dato voce, e messo in luce, un bel po' di amanti della fotografia. Iniziammo a conoscere meglio, più da vicino, ognuno di loro dal Dicembre del 2015 e, da allora ad oggi, abbiamo parlato di quasi tutti coloro che, in un modo o nell'altro, hanno fatto della fotografia, chi la propria passione, chi il proprio hobby preferito, chi una ragione di vita professionale.
E' il turno di un personaggio reatino tra i più visti in città, sempre impegnato nel campo fotografico, costantemente presente a quasi tutti gli avvenimenti: è la volta di Massimo Renzi.
Un sorriso stampato, sempre attivo ed educatissimo (spesso coadiuvato dalla sua signora che divide con lui l'attività nel primo ed unico negozio della sua vita, in via Michaeli a Rieti), Massimo oggi è sotto i riflettori di Format per raccontarci un po' la sua storia e farci entrare nel suo mondo..
Sei un tipo molto riservato, si sa poco di te ma ti si vede sempre all'opera, in città, dove c'è qualcosa da ritrarre in foto: un evento, un'esibizione, una conferenza, una manifestazione pubblica, una cerimonia... Ma chi è veramente Massimo, dove inizia la sua avventura?
"Ho iniziato ad interessarmi alla fotografia praticamente subito dopo aver ricevuto da mia cugina un'istantanea alla Prima Comunione. Non avevo, e non avrei, mai pensato potesse rapirmi a tal punto. Quella scatolina di plastica nera (una Comet 126) mi ha affascinato da subito ma, a differenza di tanti altri miei attuali conoscenti e colleghi, non sono stato mai molto attivo come fotoamatore, non ho seguito le attività di un circolo, non andavo a caccia di belle foto in maniera spasmodica. La mia è stata una passione, direi, quasi subito legata alla 'professione'. Si cercava di guadagnare qualche lira come aiutante nei servizi matrimoniali sin da subito, ancor prima di conoscere uno dei maestri di tanta gente qui a Rieti, Italo Salvemme, una persona squisita che ha dato i natali anche a me, insegnandomi tante cose e da cui ho 'rubato' con gli occhi il mestiere che ancor oggi sorregge me e la mia famiglia."
Quindi l'approccio con il lavoro è venuto prima della vera passione?
"Beh, no, non proprio. Con qualche amico, si andava a fotografare un concerto, qualche manifestazione sportiva, ma non più di tanto, non ero ossessionato dalla fotografia, ma cominciavo a capire che poteva essere il mio lavoro futuro benché, talvolta, si facessero anche servizi di cerimonie dove non si alzava un soldo! Magari da amici, parenti ma mai retribuiti."
Ma se dovessi riconoscerti un particolare obiettivo ai tuoi scatti, quale potrebbe essere?
"Sicuramente il teatro! L'ho seguito più di ogni altra cosa: in negozio ho decine e decine di foto con gli attori più noti che son passati negli anni dalle nostre parti, ed ancor oggi seguo le vicende legate alle manifestazioni più importanti che il nostro Flavio Vespasiano ospita di anno in anno. Teatro sì, ma anche sport: in modo particolare l'automobilismo dato che un mio cugino, titolare di un'officina, la Renault, mi portava sempre con sé prevalentemente in estate, a seguire gare ovunque, anche all'estero. Me la cavavo a parlare correttamente un po' l'inglese ed il francese e questo agevolò molto la mia candidatura al seguito dei loro spostamenti. Mi guadagnavo qualcosina invece di bighellonare in città, oltre ad appassionarmi a quel tipo di scatti, e di mondo."
Avresti mai immaginato fosse questa la tua attività della vita?
"No, assolutamente no. Ero pronto per entrare in una fabbrica, avevo fatto un colloquio e stavano per assumermi. Fu allora che feci un passo indietro pensando che magari la fotografia mi avrebbe potuto regalare qualcosa di più, quantomeno di diverso. E l'intervento di mio cognato, Giuliano Domeniconi (nostro ospite della scorsa puntata, ndr), in quel preciso momento, divenne risolutivo per togliermi ogni dubbio: mi fece la proposta di aprire un negozio di fotografia e così facemmo. Avevo 23/24 anni, non di più, e da lì iniziò la mia 'carriera', sempre nello stesso studio dove opero ancor oggi, assieme a qualche elemento della mia famiglia, mentre Giuliano abbandonò l'attività pur proseguendo a coltivare la sua passione per questo mondo."
Non senti l'esigenza di cambiare locali, magari cercandone di più ampi?
"Sinceramente no, non è più tempo da dedicare al commercio. Una volta si vendevano un mare di macchine fotografiche; oggi, con l'avvento dell'online, di Amazon, dell'acquisto diretto in fabbrica, non esiste più quel mercato. Nella nostra città non le vende praticamente più nessuno e ci stiamo dedicando un po' tutti più al lavoro di reportage che ad altro... almeno a noi sta accadendo questo."
Hai avuto mai modo di interessarti a libri specifici di fotografia?
"Più che altro, leggevo le riviste del nostro settore, Reflex, Il Fotografo, Il Fotoamatore, difficilmente consultavo libri anche perché ciò che più mi interessava erano le schede tecniche delle nuove fotocamere, le caratteristiche innovative di ognuna di esse per meglio capire cosa avrebbero potuto offrirmi più di quelle con cui stavo lavorando, oltre a seguire consigli nelle rubriche di affermati professionisti da cui, magari, apprendere nuove tecniche, nuovi sistemi, nuove idee, per metterle poi in pratica nel mio lavoro di ogni giorno."
C'è qualche grande maestro che apprezzi in modo particolare?
"Direi che non si può fare a meno di inchinarsi alla maestria del grande Bresson. E' forte, ha delle idee formidabili, un affascinante stile, tutto suo, che rapisce lo sguardo e che fa riflettere ad ogni scatto. Ho poi conosciuto Oliviero Toscani, una persona preparatissima con uno stile particolarissimo che ammiro tanto: tosto, diretto, determinato, provocatore ma bravo, veramente bravo. Quando una persona eccelle nel suo campo non si può neanche criticare anzi, nel suo caso, adesso è lui che fa il critico degli altri, in tv e nel suo laboratorio, e se lo può permettere."
Qual è il tuo pensiero sul 'digitale'?
"Il digitale ha rivoluzionato l'intero nostro sistema. Come tanti, anch'io vengo dall'analogico, dagli scatti improbabili su pellicola, poi sviluppo, poi stampa e poi...sorpresa! Si usciva con 'saccocciate' di rullini da utilizzare e si ritornava la sera in camera oscura per vedere...l'effetto che aveva fatto. Oggi è diverso, oggi tutti sono capaci di scattare una foto pressoché perfetta, basta avere un minimo di confidenza con la propria macchina, dei fondamentali rudimentali ed è difficile sbagliare. Forse è un bene, per noi professionisti sicuramente."
Leghi un particolare ricordo ad una tua foto tra le tante?
"Sai che non saprei come risponderti? Ne abbiamo scattate talmente tante, nello spettacolo, nella cultura, nel sociale... che non ne ricordo una in particolare che mi sia rimasta impressa più delle altre."
Com'è il tuo rapporto con gli altri colleghi?
"Eccellente! Sono tutti bravi ragazzi. Il collega va rispettato se vuoi ricevere rispetto da lui. Nell'occasione della visita del Papa, ad esempio, è stata perfetta l'intesa con gli altri che, come me, erano lì per lavoro. Una cosa commovente l'evento, senza dubbio, ma anche l'armonia che si è creata tra noi colleghi, nel rispetto l'uno dell'altro, è stata una cosa che mi ha molto colpito."