Aprile 2023

STORIE

L’ABBRACCIO OLTREOCEANO

Un ponte tra passato e presente in cerca dei propri discendenti

persone, provincia, storia, storie

di Stefania Santoprete - Cos’è quel richiamo che giunge all’improvviso superando la porta del Tempo? Qualcuno lo definirebbe ‘legame di sangue’ difficile da dimenticare. Si parte così, improvvisamente, da un indizio insignificante per riuscire quasi a sfiorare chi dall’altra parte del mondo ti stava aspettando...

Di zio Memmo, Walter aveva sentito parlare dal papà. Di quello zio partito per l’America su un piroscafo colato poi a picco. Una sorta di leggenda narrata in famiglia durante le feste comandate, in cui ci si riuniva e i racconti ripetuti venivano quasi ascoltati con insofferenza dai più giovani.

La pandemia ha avuto un merito, quello di dilatare i tempi, i momenti passati in casa, dandoci modo di dedicarci ad attività accantonate. Così è stato per Walter che dalla tragedia di quel piroscafo è partito per la sua complicata ricerca. Era il 4 agosto 1906: a bordo del ‘Sirio’ un migliaio di persone, di cui almeno 800 migranti (anche clandestini) provenivano da tutta Italia, salpati da Genova per raggiungere il Sud America, e in particolare l’Argentina e Buenos Aires, in cerca di fortuna, di una vita migliore. Alle 16 urtando degli scogli, s’inabissò nel mar Mediterraneo, a largo delle coste spagnole di Capo Palos.  Non era quello il giorno in cui si era imbarcato lo zio, ma segnava una linea di demarcazione da cui iniziare. Su indicazione di una cugina si segue un nome ‘Micheli Francesco’ sui vari siti a disposizione, salpato con una donna più grande di circa dieci anni di cui si era innamorato. “Dopo giorni di consultazioni tra siti gratuiti e a pagamento, scopro che nel 1897, da Genova, si imbarca un Micheli il cui nome esatto era Domenico contrariamente a quanto cercassi! Con lui altre tre persone, la compagna maggiore di dieci anni e due bambine di due e un anno: Francesca e Zelinda; destinazione Porto di Santos, già assegnati ad una fazenda dove avrebbero lavorato. Grande era l’emozione, accompagnata dal rammarico per aver lasciato tanto tempo passare e non aver sfruttato la conoscenza di mio padre, degli zii, dei documenti allora in loro possesso, per avere importanti testimonianze”. La ricerca subisce un primo stop, ma Walter non intende mollare, è ormai determinato e la necessità di scoprire le vicende di questa famiglia a lui sconosciuta, lo accompagna insistentemente. “Decido di dedicarmi ai registri parrocchiali visto che le chiese avevano anche funzione di anagrafe. Mi imbatto a San Paolo nel battesimo di altri figli di Domenico Micheli e Angela Montanari, nome riportato sul registro della nave. Intuisco da altri ‘ricercatori’ che il nostro cognome potrebbe essere stato cambiato trasformandosi in Miguel. Mi muovo in questa direzione ed incontro un Marcelo Miguel in possesso di un albero genealogico che ha permesso la quadratura del cerchio. Lui era fortemente alla ricerca dei suoi legami, aveva pubblicato la foto di un’Angela Francesca Luigia Montanari (in foto) e rivela un indizio per il proprio bisnonno “Doveva avere delle conoscenze di edilizia”. E’ l’indicazione che ci aprirà  un mondo! Domenico era figlio di Pietro un mastro muratore, occupazione assai diffusa in famiglia. Il nonno di mio padre lavorava nelle Chiese, nei Castelli, realizzando opere di una certa importanza. Mi reco quindi al Comune di Rivodutri di cui erano originari, in cerca di documenti, trovo invece un attestato di Memmo antecedente all’imbarco con qualifica di ‘muratore’. Mio zio arriva in quelle terre, mi spiega Marcelo, in un periodo in cui non conoscevano ancora l’arco, le città sorgevano in quell’epoca, necessitavano di rete fognarie, di ponti, di costruzioni diverse, così, era diventato un emigrante di successo. Intanto qui trovavo documenti di tutti i familiari, ma nei registri di quell’annata non c’era atto di nascita di Domenico. Tramite l’Archivio di Stato e la disponibilità di un funzionario vengo finalmente indirizzato al Comune di Labro, dove il papà viveva lavorando probabilmente in quel momento dalla famiglia Crispolti o addirittura all’interno del Castello dai Nobili Vitelleschi, e lì l’aveva registrato”. I contorni si fanno ora più definiti, la fitta corrispondenza nel frattempo in corso tra Marcelo e Walter rivela aspetti inediti della vita di questa famiglia, come tante altre all’epoca partite in cerca di fortuna. La coppia si sposò a ridosso del viaggio quando erano già venute al mondo le due bimbe. In Brasile nascono Francesco (in foto)  futuro nonno di Marcelo (i nomi tornano nel nucleo anche della discendenza. Lo stesso papà di Walter veniva chiamato ‘Checco’ n.d.r.), Anna, Pedro, Luiz e Angelo.

“Lavorare voleva dire all’epoca spostarsi, anche per lunghi periodi. Mio zio abbandona di fatto la moglie con 4 figli, dopo l’iniziale fortuna e si trasferisce a San Paolo”. Come racconta il pronipote Marcelo “La bisnonna Angela, senza sapere cosa fosse accaduto, dovette andare avanti con i suoi piccoli e crescerli da sola, lavando e stirando per altri. Un giorno il bisnonno tornò, si ripresentò alla sua porta dicendole che aveva costruito un intero villaggio a San Paolo ed ora era in buone condizioni economiche. Angela ferita e furiosa non volle nemmeno ascoltare i motivi della sua scomparsa e decise di non perdonarlo mai più. Ecco perché pensiamo che poi lui si sia rifatto una nuova vita altrove, ma non abbiamo mai trovato nulla a riguardo”.

C’è una pagina oscura in questa vicenda: nessuno è più in grado di scrivere la storia di Francesca e Zelinda, sparite dall’orizzonte dei familiari. Che fine hanno fatto? Perché anche in Brasile hanno smarrito le loro tracce? Un aspetto inquietante per chi rimane. E perché suo fratello porta lo stesso nome di Francesca? Hanno imposto il nome della sorellina che non è sopravvissuta? Di zio “Domingos” Walter trova infine il certificato di morte avvenuta il 21 settembre del 1942 in un ospedale di San Paolo. E’ l’ultimo atto di un uomo che aveva lasciato tutti i suoi cari in Italia senza mai smettere di ricordarli visto l’entusiasmo con cui Marcelo e Walter si sono ritrovati. Un percorso difficile, ostacolato da chi più volte ha tentato di scoraggiare questa ostinata ricerca lasciando intendere l’inutilità di rintracciare degli ‘sconosciuti’, smentito clamorosamente dai fatti. Che la storia di Walter aiuti quanti sono ancora in cammino a non arrendersi.

Sarebbe bellissimo completare questa storia; aggiungiamo quindi che Angela era la ‘mugnaia’ figlia del gestore del mulino di Santa Susanna (e di Piediluco) famiglia chiamata ‘i bolognesi’. Inoltre in una pubblicazione dedicata al castello di Labro era forse citato un Micheli: qualcuno sa altro?

condividi su: