a cura di Matilde Fallerini

Novembre 2021

RIETE DDE NOJANDRI

LE GAMMARATE

città, storia, storie

di Matilde Fallerini - Il Velino, che durante l’inverno strappava con le sue pianare ogni cosa, in primavera elargiva le sue offerte: i gamberi, la cui bontà rallegrava le tavole delle case e delle osterie. Con l’avvicinarsi della bella stagione, quando il fiume scivolava calmo e trasparente, i reatini senza distinzione di classe, erano soliti andare alla ricerca dei gamberi lungo le sue sponde: “Andavano a gammarare”.

I punti strategici erano: la tranquilla riva sotto il Monastero di Santa Chiara, dove spesso le suore erano costrette ad allontanare gli intrusi servendosi anche di bastoni, erano soprattutto burghecjani, che presi nella ricerca, sconfinavano nei loro orti e poi le solitarie spiaggette lungo la Giorlandina. Così, nei tardi pomeriggi primaverili, al grido: ”Jémo a gammarà”, gruppi di persone si dirigevano nei posti più pescosi per prendere queste prelibatezze nascoste tra melma e fogliame. Il fiume ne era ricco, bastava immergere una mano e si tiravano su grappoli di gamberi. Le tiepide serate primaverili sollecitavano questa sorta di scampagnata alle porte della città, le allegre brigate, armate di padelle e condimenti andavano a gammarà, scambiandosi consigli per la cottura e sovente condividendo il pescato, che frequentemente veniva cucinato sul posto. Spesso queste ghiottonerie giungevano sulle tavole delle osterie, in particolar modo nell’osteria di Severina detta la Papara ‘nfossa. Severina era una bella donna, robusta, che indossava gonne lunghe con le “cutule” e più di un pettine tra i capelli nerissimi. L’osteria della Papara ‘nfossa era una baracchetta posta sotto il lato destro del ponte, dove fino al bombardamento del 1944, esisteva un edificio, tra il ponte e l’antico porto, frequentato abitualmente dalle lavandaie, che in tutte le stagioni lavavano i panni nelle acque gelide del fiume. Il palazzetto ospitava Palmieri lu Schjoppéttéru con la sua Armeria e dal piano terra di questo caseggiato, scendendo verso il fiume, s’incontrava l’osteria di Severina Era un posto caratteristico perché aveva una loggetta di legno che dava sul fiume, dove gli avventori, in un clima casereccio e schietto, gustavano li ‘ammari al tiepido tramonto del sole primaverile, tra una foglietta o una carafetta dde inu.

  

SOPRA - il ponte romano e a sinistra l’edificio dove c’era l’osteria della Papara ‘Nfossa

FOTO ARTICOLO -  la spiaggetta dove un tempo c’era il porto e dove le lavandaie lavavano i panni, sulla destra c’era la loggetta dell’osteria

FOTO IN GALLERIA - il ponte e l’edificio con l’armeria di Salvi

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