(di Manuela Marinelli) In san Francesco è stata inaugurato l’affresco di Lorenzo Torresani, recentemente restaurato grazie alla Pia Unione di S.Antonio di Padova di Rieti, di cui è priore Marino Flammini.
Quest’opera, datata 1525, viene citata sia da Francesco Palmegiani che da Angelo Sacchetti Sassetti che, nella sua Guida di Rieti del 1916, dice: “...tornato alla luce pel terremoto del 1898, è, dentro una grande nicchia, un affresco molto guasto di Lorenzo Torresani, rappresentante la Deposizione, del cui valore originario attestano la S.Agata e l’Ascensione, che ancora veggonsi nell’intradosso.”
L’opera, dopo il restauro eseguito da Martina Comis, appare di notevole interesse e bellezza, nonostante le gravissime lacune che la deturpano.
La Deposizione di Lorenzo Torresani fonde alcune delle scene della Passione, rappresentate spesso separatamente. Possiamo infatti vedere in primo piano, al centro dell’affresco, uno svenimento della Madonna, rappresentata sdraiata in terra, in una scorciatura che ricorda il Cristo morto di Andrea Mantegna. A sinistra della Vergine vediamo la Maddalena, riconoscibile per i lunghi capelli biondi,che le solleva il braccio destro tenuto per il polso, mentre sull’altro lato un altro personaggio le solleva il braccio sinistro. Proprio in questa parte centrale l’affresco presenta una vasta lacuna che ha fatto scomparire i volti della Vergine e del personaggio in questione che potrebbe essere san Giovanni, l’apostolo che tradizionalmente viene rappresentato accanto alla Vergine, sotto la croce, in osservanza del testo evangelico in cui il Cristo gli affida la Madre.
Lo svenimento della Madonna di solito era rappresentato ai piedi della croce. Lorenzo Torresani, per collegare i due episodi, adotta lo stesso espediente utilizzato da Raffaello nella Deposizione della Galleria Borghese. Pone, subito dietro la Vergine svenuta, un costone roccioso con le tre croci, in diretta relazione visiva con lo svenimento della Madonna. In Raffaello le tre croci sono già vuote e su quella del Cristo è appoggiata la scala utilizzata per deporre il corpo. Qui, nella Deposizione di Torresani invece, i due ladroni sono ancora appesi al patibolo.
Il Buon Ladrone è rappresentato frontalmente, la testa ruotata a guardare la croce di Cristo e atteggiato in una posa composta che allude al suo pentimento che gli consente di morire in pace. Il cattivo ladrone invece è rappresentato in una posa che esprime la sua anima irrequieta, angustiata dalla disperazione della morte senza perdono. Anche cromaticamente Torresani sottolinea la differenza fra i due personaggi, rappresentando il ladrone che non si è pentito, di colore più scuro, come avvolto nell’ombra del peccato e con il volto distolto dalla Croce di Cristo. Accanto alla roccia, su cui si ergono le tre croci, quasi al centro del dipinto, è rappresentato un grande albero secco, simbolo della morte di Gesù che però risorgerà, così come l’albero che rifiorirà a primavera.
Come spiega papa Francesco, infatti, i padri della chiesa: "comparavano sempre l’albero del Paradiso a quello del peccato. L’albero che dà il frutto della scienza, del bene, del male, della conoscenza, con l’albero della croce. Il primo albero aveva fatto tanto male, mentre l’albero della croce ci porta alla salvezza, alla salute, perdona quel male" (L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 211, Dom. 15/09/2013).
In primissimo piano, in basso, allungato su un lungo sudario bianco, Torresani rappresenta il corpo del Cristo.Un vasta caduta di colore ha fatto sparire la testa del Cristo e parte del busto. Dietro di lui, al centro dell’opera, è rappresentato un grande bacile di bronzo, ad indicare il lavaggio del corpo di Cristo per la sepoltura. Sulla sinistra dell’affresco, una figura in ginocchio si china sul corpo di Gesù. Il turbante indossato dal personaggio permette di supporre che si tratti di Giuseppe d’Arimatea. Lorenzo Torresani rappresenta probabilmente quanto narrato nel Vangelo di Giovanni, quando racconta che Giuseppe d’Arimatea chiese il corpo di Gesù per seppellirlo in una tomba di sua proprietà, mai utilizzata. Deposto il Cristo dalla croce Giuseppe preparò il corpo per la sepoltura insieme a Nicodemo che, sempre secondo il testo giovanneo, aveva portato “una mistura di mirra e d'aloe di circa cento libbre”.
A destra, sul lato opposto a quello in cui è visibile Giuseppe d’Arimatea, in effetti vediamo un’altra figura inginocchiata, di cui è ben visibile il braccio sinistro, con la manica di camicia, bianca, rimboccata fino all’altezza del gomito. Il personaggio tiene saldamente un piede di Cristo con la mano sinistra. Tutto il resto purtroppo è scomparso. Dal momento che la Maddalena, è rappresentata vicino alla Vergine svenuta, la figura inginocchiata, che rappresenta qualcuno che ha appena terminato di lavare e ungere il corpo di Cristo, potrebbe essere proprio Nicodemo. Altre due figure sono rappresentate ai lati dell’affresco. La figura a sinistra è mostrata con il volto corrucciato dal dolore, mentre la figura di destra, mutila della testa, mostra le mani giunte, avvinghiate e contorte in un gesto di disperazione.
Le due figure potrebbero rappresentare Maria di Cleofa e Maria Salome, ricordata nel Vangelo di Marco.
A sinistra sullo sfondo Torresani ha rappresentato una città con tre cupole che rimandano al mondo orientale. Dietro di essa vediamo un colle con un edificio in cima, cinto da mura a cui si accede mediante un ampio portale e, dietro a un cipresso, un’altra cupola. Le cupole, tutte prive di lanterna, fanno certo riferimento a Gerusalemme e al mondo orientale. Sullo sfondo montagne azzurrine si stagliano contro il cielo.
La grande nicchia, in cui è contenuto l’affresco, presenta una cornice ricavata nella strombatura del muro. Al centro troviamo un clipeo in cui sono dei cherubini che guardano in basso verso il centro dell’affresco. Ai lati del tondo troviamo motivi a Grottesche, una tipica decorazione rinascimentale, derivante dalla pittura di Roma antica e diffusa in modo sistematico dalla bottega di Raffaello.
Sulla sinistra dell’arco il dipinto è completamente sparito, tranne che per alcune porzioni decorative. Nella parte destra è visibile un monocromo in cui sono tratteggiate, a punta di pennello, alcune figurette. Più in basso, in un tondo, è raffigurata la Vergine Annunciata. La Vergine porta la mano destra al seno, in un gesto di sorpresa e accoglimento dell’Annuncio. Tiene gli occhi bassi ed ha la testa leggermente ruotata verso un fascio di luce che rappresenta lo Spirito Santo. Nella mano sinistra tiene la Bibbia e, alle sue spalle, è rappresentata una finestra da cui irrompe una luce dorata. Indossa un velo bianco, una tunica rossa e un mantello azzurro, secondo la tradizione.
Sul lato opposto, ormai scomparso, è plausibile pensare che fosse rappresentato l’arcangelo Gabriele. Subito sotto al tondo con l’Annunciata troviamo un altro motivo decorativo a Grottesche e poi l’Ascensione di cui parla il Sacchetti Sassetti. Un folto gruppo di personaggi, con le mani giunte o sollevate, alza gli occhi al cielo verso il Cristo che appare al centro della parte superiore del dipinto, avvolto da un fascio di luce dorata e poggiato su nubi sospese a mezz’aria. Sotto al Cristo la Vergine, inginocchiata con le mani giunte, al suo fianco una figura femminile, pure inginocchiata e con le mani incrociate sul petto. Di fronte a loro un personaggio maschile, scorciato di profilo, anche lui inginocchiato, con un braccio sollevato come ad implorare la Vergine.
Le figure maschili, rappresentanti gli Apostoli sono 13 e non 12 come dovrebbero. Il personaggio di profilo, dunque potrebbe essere il committente.
Dietro di lui un sentiero conduce ad un cespuglio e ad una città con due cupole ben visibili. Dietro è rappresentato il profilo di ripidi monti.
Della Sant’Agata di cui parla Sacchetti Sassetti non si vede traccia.
Sotto a l’Ascensione, sempre nella strombatura della nicchia in cui è contenuto l’affresco, troviamo un personaggio che potrebbe essere uno dei due famosi gemelli medici del III secolo: Cosma e Damiano. L’ipotesi è stata avanzata dall’ispettore della Sovrintendenza Giuseppe Cassio. In effetti il personaggio rappresentato, che indossa una tunica rossa, tiene con la sinistra un contenitore quadrangolare che potrebbe alludere agli astucci da speziale, utilizzati dai medici.
Sul lato opposto della strombatura doveva esserci l’altro fratello, purtroppo perduto.
Una cornice costituita da festoni di frutta e foglie divideva la strombatura della nicchia dalla parete su cui è raffigurata la Deposizione. Del decoro fitomorfico purtroppo non rimane che qualche rado frammento.
I fratelli Torresani sono conosciuti a Rieti per il bellissimo Giudizio Universale da loro realizzato nell’Oratorio di san Pietro Martire fra il 1552 e il 1554. I Torresani appartenevano ad una famiglia di pittori veronesi attivi in Sabina e in Umbria, in particolare a Narni. Bartolomeo e il fratello Lorenzo, figli di Cristoforo, collaborarono spesso insieme, ma operarono anche separatamente come nel caso dell’Affresco di san Francesco attribuito al solo Lorenzo.
Notizie più sicure in merito alla Deposizione, dipinta in san Francesco, potranno scaturite da nuovi riscontri documentari e analisi più accurate.