a cura di Manuela MARINELLI

Ottobre 2018

CARATTERI ORIGINALI

LA TRASFIGURAZIONE, UN NUOVO DIPINTO DI ALESSANDRO MELCHIORRI

arte

(di Manuela Marinelli) La tela è stata presentata al Terminillo nel giorno della festa della Trasfigurazione, a cui ha presenziato il Vescovo, Mons. Domenico Pompili.

L’iniziativa si è svolta nell’ambito delle molte attività culturali e ricreative organizzate dalla parrocchia, con il sostegno e la collaborazione dell’Associazione di Promozione Sociale Argenis di cui è presidente il prof. Filippo Orlandi.

La Trasfigurazione è uno dei temi più complessi da rappresentare, ancor più dell’Ascensione e della Trinità, che pure hanno messo a dura prova gli artisti di tutti i tempi.

La Trasfigurazione, proprio per l’impervia difficoltà di dare forma figurata a un Mistero così imperscrutabile, non è stato molto rappresentato in questi oltre Duemila anni di arte cristiana.

Gli artisti, che si sono cimentati nell’impresa, sono sempre rimasti legati al racconto evangelico, narrando per immagini ciò che viene descritto nei Testi.

In epoca bizantina il tema è stato affrontato abbastanza frequentemente in numerose icone. Emblematico dell’approccio spirituale orientale è il grandioso mosaico absidale di sant’Apollinare in Classe, dove il santo viene rappresentato mentre ha la visione della Trasfigurazione.

Il Mistero viene reso in forma totalmente simbolica e Cristo appare come croce gemmata al centro di unclipeo sfavillante di luci e colori. Qui il mosaicista esprime un concetto spirituale che troviamo esplicato in un inno,utilizzato proprio per la festa della Trasfigurazione.

Trasfigurato oggi sul monte Tabor davanti ai discepoli,
nella sua persona egli ha mostrato loro la natura umana
rivestita dell’originale bellezza dell’immagine
.

La bellezza dell’immagine, nei versetti dell’inno, viene indicata come l’unico modo possibile, per l’essere umano, di concepire la divinità, suggerendol’idea che l’arte è una scintilla divina infinitesimale che alberga nell’animo umano.

La più famosa Trasfigurazione della storia dell’Arte è indubbiamente quella dipinta da Raffaello, ma altri grandi maestri vi si sono cimentati: Duccio, Beato Angelico, Perugino, Tiziano, Bellini. In epoca tardo rinascimentale la Trasfigurazione ha trovato qualche interprete di rilievo come il Pordenone, il Savoldo e Giulio Cesare Procaccini.Tutti però hanno svoltoil tema più o meno allo stesso modo. 

Indubbiamente la difficoltà degli artisti,nel raffigurare la Trasfigurazione,è la stessa che incontriamo noi nel cercare di immaginarla.

L’esegesi del passo evangelico è apparentemente semplice e comprensibile.

Cristo ha voluto mostrare ai discepoli la natura umana al principio, prima del peccato originale e contemporaneamente ha mostrato ai tre discepoli, Pietro, Giovanni e Giacomo, come sarà l’essere umano, dopo la risurrezione. Il monte Tabor anticipa lo stato finale predetto da san Paolo, quando la creazione nella sua interezza “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione”, ed entrerà nella “libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21). È l’inaugurazione della “nuova terra”, di cui parla l’Apocalisse (Ap 21,1).

Ma chi riesce a immaginare tutto questo? Nessuno.

Infatti gli artisti che hanno provato a rappresentare questo mistero hanno anche sottolineato la cecità dei tre apostoli, abbagliati da una luce che nessun occhio umano può vedere. Perchéquella di cui si ammanta Cristo sul monteTabor è una luce divina, è una luce spirituale, rivelata ai discepoli solo nella misura in cui essi sono in grado di percepirla con l’anima.

Ecco dunque la difficoltà, se non l’impossibilità, a rappresentare la Trasfigurazione.

In un’epoca come la nostra,immersa in un consumismo stordente, incalzata dall’onnipotenza delirante dell’illimitatezza, afflitta dalla perdita di Senso, obnubilata dal narcisismo autolesionista, il tema religioso,da parte degli artisti, è stato tralasciato, figuriamoci il mistero della Trasfigurazione. L’arte oggi arranca, esprimendo fondamentalmente solo il disagio esistenziale che attanaglia il mondo contemporaneo.

Uno degli ultimi grandi artisti del Novecento, Salvador Dalì, ha rappresentato una Trasfigurazione che è stata di ispirazione per Alessandro Melchiorri.

Dalì non racconta l’episodio biblico, ma rappresenta un deliquio estatico che sublima la pesantezza della materia, trasformandola in luce, in onda brillante che fluttua nel cielo.

Più materico e solido il dipinto di Alessandro Melchiorri che ha accettato la difficile sfida di affrontare quest’arduo tema,di cui ha dato una versione pittorica tecnicamente e stilisticamente moderna. Contenutisticamente ha rinunciato all’elemento narrativo, cercando invece di dare forma figurata alla visione avuta dagli apostoli, immaginando quanto da loro visto e interpretandolo in modo quasi oggettivato e laico.

Scaglie di luce, scheggiata, come coriandoli multicolori, solcano il quadro lungo le diagonali, con andamenti rettilinei che scompongono la tessitura cromatica, in un tripudio di sfavillii fantasmagorici. Il giallo centrale, che allude all’oro,come nei più tradizionali dipinti antichi per suggerire l’idea della dimensione sovrannaturale, si coagula intorno a due occhi dallo sguardo enigmatico, lontano, irraggiungibile.

Il dipinto di Alessandro Melchiorri si inserisce in un uso del colore e delle linee che reinterpreta la tecnica Divisionista e rimanda al dinamismo Futurista.

Come nel Futurismo, Alessandro Melchiorri ha saputo esaltare la brillantezza suggestiva dei colori divisi, coniugandola con l’uso delle linee stroboscopiche, per suggerire le traiettorie di movimento. Così ha trasformato la luce bianca e abbacinante, di cui parlano i Vangeli, in un caleidoscopio di colori iridati che dissolvono la forma umana in pura luce policroma.

Evitando il rischio di cadere in una rappresentazione surrealista, sfuggendo al pericolo di trasformare il Cristo in un super eroe, dotato di super poteri, Alessandro Melchiorri è riuscito ad evocare il mistero, adombrando sulla tela un’immagine enigmatica e allusiva.

Un frullio di luce policroma, tumultuosae rutilante è forse l’unico modo che ha un umano per evocarelo splendore della Luce divina.

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