Dicembre 2017

RIETI MISTERIOSA

LA LEGGENDA DI PIETRO

rieti

(di Stefania Santoprete) Esiste un luogo ai margini della città particolarmente interessante. Vi è una sorta di passaggio naturale tra mondo dei vivi e quello dei morti e su quelle strade, quei viottoli, il tempo ha cristallizzato racconti e visioni sovrannaturali capaci di arrivare sino a noi.

“C’era lì una piccola cappella, ben conservata, in cui si potevano ammirare ancora degli affreschi ed una fontana da cui sgorgava acqua buona da bere. Ora la volta della cappellina è crollata ed è tutto un intrigo di ortiche e rovi... un cancello… mura diroccate.
Mio padre raccontava che in quel luogo lavorava un contadino, questi aveva per figlio un ragazzo di nome Pietro. Mentre Pietro un giorno accompagnava i maiali a cercar ghiande vide una bella fanciulla seduta sui sassi che intendeva offrirgli delle monete d’oro. Impressionato dalla strana presenza scappò via e in preda alla paura si rifiutò di tornare in quella zona. 
All’epoca c’era l’usanza di dormire all’aperto nelle notti più calde ma i sonni di Pietro, sdraiato accanto al nonno su un giaciglio di fortuna, erano turbati da strani scherzi di cui non si conosceva l’autore.
Nella casa accanto vennero ad abitare degli indovini a cui i genitori subito si rivolsero in cerca di una soluzione: “Se il ragazzo vuole sottrarsi alle persecuzioni dovrà dormire una sola notte, in solitudine, lì dove sono i ruderi, affinché gli venga affidato il tesoro che vi si trova sotto e che ha inizialmente rifiutato dalla fanciulla.” Pietro non ne volle sapere e continuò a non avere pace. Altri, richiamati dalla vicenda che ormai si diffondeva si precipitavano in zona e continuavano a scavare in cerca del Tesoro.

Alla fine il ragazzo e la sua famiglia traslocarono altrove.

 

Sant’Eleuterio retro Cimitero
Mio padre (che all’epoca dei fatti era un bambino) crebbe, formò la sua famiglia e non pensò più a quegli episodi. Gli tornarono in mente quando, durante l’ultima guerra, tornando nei pressi di quelle mura diroccate, vide che le bombe avevano portato in superficie cocci antichi e mosaici…. Era forse questo il tesoro di cui si parlava? In quella zona esisteva un nucleo abitativo in epoca molto antica? Era una zona abitata da gente facoltosa? E scavando cosa sarebbe stato possibile rinvenire? Tracce visibili ancora almeno fino a qualche tempo fa denotano mura perimetrali e pareti in sassi…. Un militare mostrò una carta topografica individuando i relativi viottoli più una segnaletica che definiva il luogo col nome di S. Clemente: un’indicazione corretta?”

Questo racconto mi è pervenuto attraverso Felicetta Vecchi, esempio prezioso di  ‘ricercatrice-esploratrice modesta’, attenta e curiosa nonostante il passare degli anni. Talmente forte è stato il richiamo delle proprie radici da tentare di riannodare un filo lunghissimo con i propri avi, percorrendo strade e frequentando canoniche e archivi dando nomi e cognomi a quell’albero genealogico talmente ricco da diventare gigantografia di sfondo ad una bellissima festa familiare a cui presero parte anche parenti  appena ritrovati.  

Non sembra che ‘San Clemente’ fosse legato all’area retrostante il cimitero, come ha spiegato la professoressa Tozzi anche nella sua rubrica: era parte integrante dell'abbazia di Sant'Eleuterio, sorta sulla sepoltura dei martiri Anzia ed Eleuterio.
“In epoca longobarda doveva essere senz'altro la più importante delle chiese reatine dal momento che nel 747 vi fu accolto con solenni onori il re Liutprando – come racconta in un testo Andrea Del Vescovo - Raggiunse tuttavia il suo massimo splendore subito dopo il 1000 allorché l'abate Pietro (!), oltre ad un accurato restauro della chiesa e dell'attiguo monastero, la elevò a guida spirituale e morale dai fedeli infondendo loro nuovi fermenti di intensa spiritualità. La chiesa di Sant'Eleuterio era situata nei pressi dell'attuale cimitero di Rieti, vicino ad un ruscello. Nel 1122 il conte Grimaldo Gentili cedette la chiesa, il suo monastero e le sue pertinenze alla Cattedrale di Santa Maria. Il 13 agosto 1198 il vescovo Adolfo Secenari insieme a papa Innocenzo III vi trasferì di nuovo dalla Cattedrale reatina i corpi dei Santi Eleuterio ed Anzia e la elevò a titolo di collegiata con 12 canonici ed un abate rettore. Da notare che in Sabina nell'alto medioevo i corpi dei Santi venivano spesso portati al sicuro nelle Abbazie o nelle Cattedrali, per salvarli dai ricercatori di corpi santi e soprattutto dalle devastazioni saracene. La chiesa di Sant'Eleuterio fu sede di importanti sedute giudiziarie, placiti e diete. Tra gli altri vi tennero solenni placiti papa Alessandro II e l'imperatore Enrico IV, rispettivamente nel 1072 e nel 1084”.

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