(di Stefania Santoprete) La storia della 'Casa dei Fantasmi', assai diffusa in città, ha immediatamente calamitato l’attenzione dei nostri lettori che si sono attivati per reperire notizie o contatti inediti. Dopo decine di telefonate, domande porta a porta, siamo giunti alla soluzione che in realtà era sotto ai nostri occhi, ad un passo da noi.
La particolarità della vicenda è la ‘giovane età’ della leggenda stessa, le cui radici risalgono soltanto agli anni Settanta. Prima la Casa dei fantasmi era semplicemente una ex Scuola, nei cui sotterranei si riparavano coppiette in cerca di privacy, disturbate puntualmente da bambini molesti.
“Lì andavo a Scuola – spiega Dina – era un bell’edificio rustico, a sassi, circondato di piante di lillà profumatissime. Era pavimentata a mattoni che la bidella Anna, severissima, manteneva sempre lucidi obbligandoci a togliere le calosce che indossavamo quando pioveva e lasciarle fuori dalla porta. Riempiva giornalmente la stufa di ghisa con il carbone a cui aggiungevamo il pezzo di legno portato da casa ogni giorno, affinché il caldo, attraverso le grosse tubazioni, potesse raggiungere ogni locale. In seguito sono tornata lì dentro a giocare, andavamo a fare dispetti a chi andava a ‘pomiciare’. Mai sentito nulla di strano, mai alcun rumore sospetto o qualche dicerìa, fin quando non arrivarono mio fratello e i suoi amici…”
Ed eccolo allora in carne ed ossa uno dei Fantasmi che stavamo cercando “Vi porto io alla Casa in qualunque ora della notte” provoca.
Lo blocchiamo mentre sta riempiendo un normale pan di spagna destinato a trasformarsi in una torta spettacolare. Dopo tanto cercare dobbiamo arrenderci alla dura realtà di aver svolto un lavoro inutile: le radici della leggenda erano qui, tra le pagine di questo giornale, quelle destinate alla pubblicità. Le tracce ci hanno condotto da un pasticcere che negli anni Settanta era poco più di un ragazzino.
“Eravamo una combriccola di quattordicenni che si dava solitamente appuntamento in piazzetta a Quattrostrade. Con me c’erano Antonello Sampalmieri, Walter Morsani, Moreno Formichetti, Lillo Formichetti e tanti altri – racconta Diego Diliberti – Era d’estate, decidemmo cosa fare: funzionava, il divertimento era assicurato ed allora continuammo per un po’. Lo scopo era cogliere di sorpresa i pochi automobilisti allora in circolazione e i lavoratori della Snia che tornavano in sella ad una bicicletta. Li aspettavamo al varco, qualcuno di noi si piazzava in mezzo alla strada coperto da un lenzuolo bianco, facendo trasalire i malcapitati e poi… giù a ridere! La poca illuminazione pubblica ci era complice. Con il passare dei giorni i racconti su queste apparizioni si erano talmente diffusi che chi tornava a casa preferiva fare il giro al contrario, lungo il basso Cottano anziché affrontare l’ignoto.” Gli appostamenti continuarono per un bel po’ fin quando le segnalazioni giunsero alle forze di Polizia. “Una sera un automobilista, premunitosi, saltò fuori dall’auto sparandoci addosso con una scacciacani – ricorda Moreno – prendemmo un grosso spavento, poco dopo giunsero i Carabinieri intenzionati a scovarci. Scappammo tutti fino a trovare rifugio dentro al Mulino di Cervelli in prossimità della chiesa. Da quella sera decidemmo di finirla.”
E’ quindi un semplice gioco di ragazzi l’innesco ‘storico’ del racconto che ha preso vita intorno all’edificio di Quattro Strade. Niente bambine alle finestre, nessuna scritta misteriosa sui muri, nessun ostacolo alla ricostruzione e al restauro. Per i romantici che avrebbero voluto ascoltare il pianto lieve di quella bambina accompagnati dalla luce della luna, si tratterà di una delusione. Così come perplessi saranno coloro che interpellarono, diversi anni fa, la redazione della trasmissione televisiva ‘Mistero’ affinché svolgesse un’inchiesta su quella Casa.
“Ho sempre sorriso davanti ad ogni affermazione paranormale – spiega Diego – potrei definire quella la ‘mia’ casa. Quella in cui sono cresciuto, ho giocato, ho suonato. So descriverla a menadito, attraverso il portone centrale si raggiungevano le scale e si aveva accesso alle tre stanze del piano superiore, con il bagno all’esterno su un ballatoio. Sui soffitti c’erano degli affreschi bellissimi, mentre sulla scala erano attaccati i Sette Nani. Nella fine degli anni Settanta la restaurò Giuseppe Vassallo, senza alcun problema di ‘fantasmi disfattisti’. Nei locali del piano inferiore, sul retro, ho suonato per fare le prove con il mio gruppo ‘Una strana epoca’ con Paolo Gnan, Antonello Sampalmieri, Roberto Bonora, Imolo Lancia, De Angelis Sabatino e Oliviero, oltre a Maurizio Broccoletti. Se avessi i soldi necessari la comprerei io: è bellissima e conserva tutti i ricordi della nostra gioventù.”
Ed ora siamo pronti per partire in cerca di nuove avventure. Grazie al vostro contributo è possibile che si finisca a qualche chilometro dalla città. Intanto vi lasciamo ripercorrere con la mente i racconti dei vostri nonni, quelli che parlavano di tesori nascosti, di fatti misteriosi, di apparizioni e sparizioni.
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(da Format aprile 2014)