Luglio 2020

RIETI MISTERIOSA

LA CAMPANA DEL SACRO SPECO

storie

(di Romeo Battisti) Il santuario Francescano di Poggio Bustone, come gli altri tre che circondano la Valle Santa, è meta di devoti e turisti provenienti da ogni dove. Molti, zaino in spalla, sono pellegrini che percorrono a piedi anche grandi distanze sui Cammini che si intersecano nella nostra penisola. Chi ha ancora energie o sufficiente devozione si spinge più in alto e inerpicandosi sul sentiero si ritrova davanti l’eremo, a prima vista indistinguibile dalla maestosa parete rocciosa alla cui base fiduciosamente si appoggia.
Fiducia ben riposta se in ottocento anni solo una volta, in tempi recenti, fu tradita. Qui San Francesco e i suoi discepoli si ritiravano in preghiera che deve essere stata intensa e profonda se ancor oggi, quel luogo sembra esserne impregnato e trasfigurato.
I Pojani “sentono“ ed hanno sempre avuto gran rispetto e devozione per quel luogo.
Quando una grande pietra ci cadde dentro curarono presto le ferite e lo fecero più bello di prima. Tradizionalmente si fa rintoccare tre volte la campana del piccolo campanile che sovrasta l’eremo. I più energici, immemori di quanto accadde sbatacchiano forte; tutto trema, il legno scricchiola, le pietre sembrano voler abbandonare la malta e il bronzo emette un suono assordante che riecheggia a lungo sui pendii della gola montana giù giù fino al Santuario di San Giacomo, fino alla Torre, e ancora più giù fino a Sant’Agneru; poi risale su fino a Ru Cargarone, su a Capu a ru Cunnuttu, fino alla Forca, addirittura fino alla Doganella.
E forse ancora oltre, sempre più su, fino a bussare alle porte del Cielo, quando pur avendo bussato a lungo, le porte della terra sono rimaste chiuse!
Poi pian piano i rintocchi si fanno più flebili, un’ultima eco in lontananza poi… il silenzio.
Alcuni fanno meno fracasso, il suono non arriva tanto lontano ma i rintocchi sono più gradevoli e dopo essere rimbalzati per un po’ sui fianchi delle montagne tornano anch’essi al silenzio.
Segnare profondamente la realtà con la propria esistenza è il desiderio di molti, dimentichi che il suono, forte o lieve, è destinato al silenzio da cui è scaturito.
Ha senso agitarsi tanto per affermare se stessi? C’è pace in questa direzione? C’è qualcuno in ascolto? E nel caso chi dei due sarà ascoltato?
Ma se è vero che quello che conta è il cuore può anche essere solo questione di temperamento.
Durante la quarantena nessuno è arrivato fino all’eremo del Sacro Speco e nemmeno il vento forte è riuscito a far suonare la campana. Una mattina il parroco P. Ezio è salito fin lassù e con suo stupore la campana ha cominciato a lamentarsi. A cosa serve la corda se nessuno mi suona? Cosa ci faccio qui se nessuno sale fin quassù? E bla bla bla proseguiva di questo passo le sue lamentazioni. Il fatto è, poveretta, che durante la quarantena, da quando Mons. Pompili invitò a suonare le campane alle nove di sera per tenere unita la comunità, i rintocchi, facendo il percorso inverso, arrivavano fin lassù e la cosa non piaceva per niente alla campana che invece restava muta.
Quando P. Ezio mi ha chiesto di realizzare un piccolo quadro da donare al vescovo Mons. Pompili nell’occasione della festa del patrono, ho dipinto la campana del Sacro Speco ritenendo rappresentasse un importante simbolo per la nostra comunità, dimenticando però di dipingere la corda. Quando P. Ezio ha visto il quadro è rimasto molto stupito dall’assenza della corda, non riuscendo a capire come avevo potuto sapere che non avrei dovuto dipingerla.
Quando poi ha aggiunto che se l’avessi dipinta avrei dovuto cancellarla sono rimasto di sasso.
E perché mai? Ho esclamato!
Il fatto è, mi ha spiegato P. Ezio, che la campana, poverina, si è molto lamentata per essere rimasta tanto tempo in silenzio, quindi, dovendo riparare, gli ho promesso che il primo a suonarla dopo la quarantena sarebbe stato il vescovo Mons. Pompili, speriamo solo che accetti.
La promessa è stata poi effettivamente confermata dal vescovo nell’occasione della festa del patrono, quando ha ricevuto in dono dalla nostra comunità, un bastone di corniolo con su intagliato un Tau realizzato da Siro Mostarda e il mio quadro della campana del Sacro Speco rigorosamente senza corda! Vi terremo informati per salire tutti al Sacro Speco insieme al vescovo a suonare la Campana.

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