di Stefania Santoprete - Dobbiamo riconoscere ad alcune categorie il merito di aver compreso come l’unione, in tempo di crisi economica da pandemia, valesse più di asti o risentimenti basati su concorrenza e posizioni opposte. Gestori di ristoranti, bar, pizzerie, trattorie si sono riuniti al momento semplicemente in un gruppo whatsapp, senza necessità di apparire come associazione, rinunciando al dovere di fare affiliati. Hanno trovato un luogo dove sfogare i propri risentimenti, esporre punti di vista, suggerire campi d’azione. L’importante è la forza che assumono rivendicazioni presentate a più voci, a differenza di altri settori che non sono riusciti a coagularsi pur nella difficoltà. Il comparto Horeca Rieti, risulta così racchiuso nel movimento ‘Tutti unitissimi’ di cui al momento è portavoce Carlo Stocco. “Vorrei che anche il settore wedding, i fioristi, i musicisti, il mondo dello spettacolo, facessero la nostra stessa esperienza, così come ad esempio hanno fatto le palestre che vivono una situazione veramente drammatica. Potremmo spalleggiarci, perché chi legifera possa ascoltarci. Noi siamo 6 milioni di Partite IVA in Italia contro 54 milioni di persone, chi governa pensa anche al bacino voti più conveniente, accontentando fasce più ampie: è necessario avere qualcuno che parli per noi. Ci dissociamo da coloro che prendono decisioni al limite della legalità: l’aiuto è arrivato, puoi discutere sul fatto che non serva a nulla. Porto il mio esempio, io sono fermo totalmente, ce la sto facendo grazie ai risparmi e alla comprensione dei miei interlocutori che stanno aspettando. La mia azienda, come le altre, è ferma da un anno e non è che il delivery risolva il problema. I ragionamenti da fare però debbono essere un pochino più elevati del semplice atto di forza. Aprire per protesta durante una pandemia, come qualcuno ha suggerito, rischia di penalizzarti economicamente e di farti perdere credibilità dinanzi all’opinione pubblica che non si sente rispettata. Puoi certamente dire però ‘vogliamo essere ristorati in modo diverso’, non soltanto per quello che abbiamo perso nel mese di aprile e di maggio ma facendo un calcolo annuale”. Le percentuali sono state studiate per quel determinato momento storico, ma quantificate in soldoni non coprono minimamente costi aziendali sostenuti comunque ed ovviamente non permettono di risarcire un eventuale stipendio di sopravvivenza. Purtroppo non risolve neanche il suggerire allo Stato, anziché elargire somme simboliche, di dare la possibilità agli imprenditori di ottenere prestiti più consistenti: vuol dire in un futuro dover comunque restituire quanto dovuto alle banche che, alla luce delle ultime novità, saranno meno elastiche di sempre. Attualmente la fine del tunnel sembra essere lontana. I futuri sposi vogliono un vero matrimonio che ormai non è più basato tanto sulle dieci portate (meno, ma più ricercate) quanto sulla festa seguente, senza essere condizionati dal distanziamento o dalla mascherina: aspettano con pazienza preferendo rimandare eventualmente al prossimo anno. Al momento si hanno prenotazioni da giugno in poi che, sommate anche al recupero dello scorso anno, permetterebbero al settore di riprendersi. Se il numero però fosse ancora bloccato ai trenta partecipanti, sarebbero in maggior parte nuovamente cancellate le prenotazioni e, alle location più importanti, spetterà la decisione di rimanere o meno chiusi. La riapertura a lungo sospirata per tutto il settore, dovuta al ritorno in zona gialla, è incoraggiante anche per la filiera dell’agroalimentare, ma insufficiente rispetto agli standard in pieno regime e ancora molto lontana da quell’equilibrio economico che possa garantire al comparto di uscire dalla crisi. A proposito di categorie lavorative mentre stiamo per mandare in stampa questo nuovo numero di Format, le dichiarazioni di Draghi che avrebbe parlato di recupero ‘mesi scolastici persi’ per emergenza pandemia, avrebbero riscaldato gli animi provocando forte indignazione anche nello Snals.
Qualcuno fa notare che sono molti i docenti di buona volontà che sin dal primo istante si sono messi a disposizione per una didattica a distanza, utilizzando i propri computer, la propria rete internet e risorse e conoscenze personali pur di non far mancare ai ragazzi il contatto con la scuola. Tutto questo senza ricevere un minimo di formazione sull’utilizzo delle piattaforme educative che si sono susseguite, costringendo i docenti, quelli seri, a un’attività da autodidatta che ha richiesto molte ore di preparazione per ogni singola lezione. Continua quindi anche seguendo questa nuova scia, la grande frattura sociale, basata su accuse rimbalzate tra categorie opposte: dipendenti pubblici e autonomi. C’è chi rivendica il rispetto che merita, nonostante le limitazioni e i nuovi modelli operativi, avendo continuato a lavorare secondo coscienza guadagnandosi lo stipendio ricevuto e chi lo accusa di aver comunque riscosso ogni mese, senza fatica alcuna.
Format gennaio/febbraio 2021