di Ileana Tozzi - In una terra antica quale è la Sabina, non c’è da stupirsi se le benne dei macchinari impiegati per il movimento terra riportano alla luce le tracce salienti del passato.
È quanto accade nel tratto della Salaria tra Passo Corese ed Osteria Nuova, interessato ai lavori per la creazione della terza corsia ormai resa indispensabile e indifferibile per la densità e la pericolosità del traffico automobilistico.
Qui, all’altezza del 48° chilometro da Roma, sono riaffiorati dall’asfalto i resti piuttosto ben conservati di un tracciato viario composto da blocchi irregolari di solida pietra locale.
Troppo poco per affermare con sicurezza che siamo di fronte all’antica Salaria, la quarta via strata romana chiamata così, secondo l’autorità di Plinio, perché metteva in collegamento da porta Collina le saline di Ostia con l’entroterra appenninico garantendo a Roma l’approvvigionamento delle pregiate carni conservate mediante il metodo della salatura.
Dopo la definitiva romanizzazione intrapresa con successo nel 290 a. C. dal console Manio Curio Dentato, la Salaria proseguì fino ad Interocrium per raggiungere infine Castrum Truentinum e l’Adriatico intorno alla metà del III secolo a.C.
L’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana descrivono le distanze tra le mansiones, le stazioni di posta per il cambio dei cavalli e per il ristoro dei viaggiatori, le città, i pagi e le villæ collegate dalla Salaria.
Proprio la natura del territorio sabino, così ricco di coltivazioni e di uliveti, popolato delle dimore del patriziato romano a cui erano annesse le fattorie in cui ferveva il lavoro degli schiavi, lascia facilmente ipotizzare l’esistenza di un fitto reticolo stradale in grado di collegare alla Salaria gli svariati centri abitati che prosperarono fino all’epoca dell’incastellamento.
Infatti, una via strata degna di questo nome doveva essere costituita da stati ordinati e compatti di blocchi di basolato, destinati ad una lunga durata, ed il tracciato era scelto per lo più in aree pianeggianti di fondovalle.
I tratti che si diramavano da essa potevano avere le caratteristiche strutturali apparentemente evidenziate durante le attività di scavo condotte ora nel territorio di pertinenza del Comune di Nerola.
Le principali consolari che si irradiavano da Roma erano dodici, per lo più denominate dal nome dei consoli che ne avevano finanziato la costruzione: oltre alla Salaria, in ordine cronologico furono disegnati i tracciati dell’Aurelia, della Cassia, della Flaminia, della Tiburtina, della Casilina, dell’Appia, dell’Æmilia, della Postumia, della Capua-Regium, della Nomentana, della Prenestina.
L’area interessata all’attuale ritrovamento, denominata Monte degli Elci, presenta una serie di terrazzamenti di epoca romana già noti alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti competente per territorio, attualmente allo studio del caso.
Sarà soprattutto interessante verificare il recente passato del tratto viario riscoperto, visto che è plausibile sia stato individuato già al tempo dei lavori condotti negli anni ’60 del secolo scorso, quando fu realizzata la variante della Salaria tra Osteria Nuova e Passo Corese.