Giugno 2017

RIETI MISTERIOSA

IL LAGO DI PATERNO

Oracoli e Sibille

racconti popolari

C’è una zona che ci intriga da tempo per il nome affascinante che le è stato dato, ‘Valle oracola’, è a un passo dalla Città.
Perché chiamarla in tal modo? Nell’impossibilità di arrivare ad una risposta soddisfacente, attendiamo indicazioni dai nostri stessi concittadini pur tentando in questa puntata di tracciarne la rotta…

Gli oracoli
L’oracolo è un essere o un ente considerato fonte di saggi consigli o di profezie, un'autorità infallibile, solitamente di natura spirituale I grandi templi oracolari dell'antichità erano soprattutto greci. Nella civiltà ellenica il più noto era la Sibilla Delfica, o più esattamente la Pizia del tempio del dio Apollo a Delfi, da cui deriva l'oracolo di Delfi. Oltre a questo si ricordano quelli di Zeus a Dodona e Olimpia.

L’uomo ha sempre cercato risposte ai propri interrogativi, invocando un Dio, costruendo un luogo fisico per poter comunicare direttamente con Lui, preoccupandosi di ogni mezzo che potesse favorire l’incontro: sacerdotesse, pitonesse, oracoli, sibille, erano i medium prescelti per questo tipo di ritualità religiosa.

Il Lago di Paterno e i sacrifici umani
Il lago di Paterno, di suggestiva bellezza, si trova nel comune di Castel S. Angelo chiamato anche lago di Cotilia, era molto profondo ma anche inaccessibile (epoca Sabina) poiché consacrato alla dea Vacuna. Il valore religioso attribuitogli era dovuto al verificarsi di fenomeni considerati misteriosi: si ipotizza che i Pelasgi possano aver assistito allo sprofondamento del lago e aver dato origine al mito. Gli autori latini inoltre riferiscono che nel mezzo del lago si ergeva un'isola galleggiante (ancora visibile ad inizio Ottocento e oggi scomparsa), coperta da una folta vegetazione, che forse per effetto di fenomeni carsici si spostava frequentemente, scomparendo e riapparendo, era quella che ritenevano fosse la ‘pancia’ della dea.

In alcuni periodi sull’ isoletta che un tempo vi galleggiava si offrivano sacrifici umani che consistevano nella decapitazione del prescelto la cui testa veniva gettata nel lago, mentre il corpo veniva poi bruciato. Tale rito consisteva anche nell’offrire e/o consacrare agli dei le primizie dei campi ed alcuni capi del gregge dei nuovi nati in primavera, per ingraziarsi le divinità della natura che presiedevano l’avvicendarsi delle stagioni e dominavano la forza degli elementi. (Più tardi questo rituale si trasformò in un esodo sacro a cui partecipavano i giovani maschi e femmine che, al tempo della loro nascita, erano stati consacrati agli dei. In questo modo si otteneva un contenimento della pressione demografica e contemporaneamente un’espansione territoriale dell’influenza Sabina). Da questo sacro rito si vennero a formare i Piceni, i quali erano giovani cui venne assegnato come animale guida la gazza (pica pica), gli Irpini che avevano come animale simbolo il lupo, gli Equicoli il cui animale totem era il cavallo, i Vultures che, guidati da un avvoltoio dettero il nome alla regione del Volturno. Dai Sabini discesero alcuni tra i principali popoli italici). Tutto ciò durò per anni finché Ercole transitando per Cotilia, nel giorno del sacrificio, rimase inorridito da tale crudeltà e dopo aver chiesto spiegazioni del crimine spiegò agli abitanti del luogo che le sacre parole scritte sull'altare non richiedevano l'uccisione di un uomo, che da allora fu sostituito da simulacri in cera. Ma il sacrificio durò ancora per anni, fino alla distruzione di Cotilia.

L’oracolo che parlò ai Pelasgi
"Andate a cercare la terra dei Siculi, quella di Saturno e Cutilia degli Aborigeni, dove si muove un'isola…"

Un oracolo come Apollo in Dodona, città dell’Epiro, come narra Dionigi, circa 14 secoli a.C., promise ai raminghi Pelasgi che abitavano le terre settentrionali della Grecia primitiva, che proprio vicino a questo lago con l’isoletta fluttuante, avrebbero trovato da vivere in pace e prosperità. Delle rovine della leggendaria Cutilia, si legge nel primo libro delle “Antichità romane” di Dionigi di Alicarnasso (60 a.C. circa - 7 a.C.), lo storico greco scovò molte notizie dagli scritti di Marco Terenzio Varrone, (letterato e scrittore reatino del 116 a.C):

Settanta stadii da Rieti poi si trova l’insigne città Cutilia, situata presso un monte: vicino ad essa vi è un lago della grandezza di quattro iugeri, di grande profondità, e pieno di acqua sempre scorrente. E poiché questo lago ha qualche cosa di divino, gli abitanti lo credono consacrato alla Vittoria: lo circondano di un recinto, e impediscono che niuno si appressi alle sue acque, tranne in certe feste solenni nelle quali fanno sacrifizii secondo il loro rito. Perché allora quelli a cui è permesso, vanno in una piccola isola che è galleggiante nel lago, e va qua e là in balìa dei venti che dolcemente la spingono. Tutto questo tiene del miracolo, e non si può comprendere da quelli che non applicarono l’animo”.

 

Una Sibilla dell’appennino centrale
Nel 2014 alla Biblioteca Paroniana, l’avv. Gianfranco Paris ospitò Maria Luciana Buseghin, autrice  de ‘L’ultima Sibilla’
"L'ho chiamata "Ultima" - esordì la Buseghin - perché questa Sibilla e la sua leggenda, a differenza di quella di Tivoli, di Visso, della Sicilia e di Cuma, si è conservata più a lungo delle altre, ed è divenuta così oggetto delle poesie dei pastori dei Piani di Castelluccio. e di tutto l'Appennino centrale.” La studiosa iniziò un affascinante excursus dei temi del libro: le sibille italiane, in particolare quella del Monte Sibilla, vicino al più famoso Monte Vettore, che svetta sopra Castelluccio di Norcia.

“Certo è che favola, mito e leggenda si fondono in quegli splendidi scenari, ma questo doveva basarsi su qualcosa di vero, e molti cercarono la verità. Lo studioso del '400 Antoine de La Salle, autore del libro "Le Paradis de la Reine Sibylle", racconta due bellissime leggende riguardo ad avventurieri che si recarono dalla Sibilla: nella prima protagonista è un prete di Montemonaco che  accompagna due tedeschi all'interno della grotta, ma è poi il solo a rivedere la luce del sole. L'altra invece ha per protagonisti sempre due tedeschi, che arrivano dalla Sibilla, che li irretisce promettendo loro di poter disporre di tutti i piaceri fisici del mondo. Alla fine però dopo il trentesimo giorno i due fuggiranno, ma non dimenticheranno mai il periodo vissuto lì.

Il lago di Pilato sul Monte Vettore
Altro luogo incantato è il Lago di Pilato, meraviglia posta in cima al Monte Vettore, poco prima del confine con le Marche. Secondo de La Salle, era il luogo dove si andava a consacrare il rito della Sibilla. La leggenda racconta come Pilato, macchiato dal sangue di Cristo, ci fosse stato trascinato dentro da Cavalli neri. Tradizione mai motivata, e da sempre avvolta dal mistero.

Fino a quando all'interno del lago, recentissimamente, è stata ritrovata una pietra, datata 1520, con incisi nomi di personaggi famosi di Spoleto. Ciò confermerebbe che qualche specie di rito esoterico effettivamente era in uso a quel tempo.

rietiformat@gmail.com

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