a cura di Maurizio Festuccia

Novembre 2017

SCATTO D'AUTORE

GIANCARLO CAMMERINI

Fotografo professionista

arte, persone

Ormai da qualche mese in qua ci stiamo interessando di fotografia abbinata alla professione. Ciò non toglie che potremmo ospitare ancora qualche "amatore" ma ci è sembrato interessante addentrarci anche nel mondo del lavoro nel quale sempre più spesso si incontrano bravissimi fotografi. Sotto ad una...buona luce, stavolta conosceremo meglio Giancarlo Cammerini.

Analogico e digitale. Il tuo pensiero

Molti lavori non hanno più bisogno del fotografo professionista, oggi con un buon smartphone si possono fare ottime cose e quindi, se un tempo la fotografia era raccontare una storia, con un singolo scatto o con una serie, oggi si dovrebbe avere il dovere morale di addentrarsi maggiormente in questo mondo per trarne le evidenti e molteplici possibilità che offre.

Qual è, per te, la differenza tra amatore e professionista?

La differenza tra un amatore ed un professionista è nell'impegno del lavoro che si deve comunque concludere. Chi non ha scadenze o obiettivi precisi può divertirsi come e quando vuole, chi invece lo fa per professione deve acquisire una particolare immagine da proporre al mercato e quindi deve adottare un proprio stile, una tecnica personalissima, ma più che altro deve conoscere tutte le tecniche fotografiche per qualunque evenienza. Un tempo era sicuramente meno facile approcciare ad una nuova tecnica, bisognava studiare e seguire corsi su corsi, oggi con i tutorial in internet è decisamente più semplice e meno tortuosa la strada per arrivare alla meta. E spiegare oggi ad un ragazzo dell'era digitale cosa comportasse il metodo analogico di scattare e seguire poi l'intera filiera che avrebbe portato ad una foto, è cosa veramente complicata.

Ma i reali tuoi esordi in fotografia...?

Ai miei tempi, parlo di oltre trent'anni fa, chi si interessava alla fotografia senza avere un negozio sembrava non potesse ambire a fare della propria passione un'attività. Eravamo in pochissimi a lavorare in questo settore senza un punto vendita codificato. Ed invece fu proprio questo a convincermi sempre più alla fotografia con mire professionali seppur non commerciali, di vendita al dettaglio. Praticamente applicavo la mia passione fotografica scrivendo libri, collaborando con riviste nazionali, realizzando servizi, reportage, mettendo a disposizione i miei scatti alle agenzie preposte alla loro vendita. Prima della foto, però, veniva il progetto: idee che proponevo ai vari Enti e che poi andavo a realizzare sul campo. La mia è stata sempre una curiosità mai venuta meno quella raccontare il territorio, di testimoniare con la mia fotocamera uno spaccato culturale dell'area in cui vivevo, benché abbia anche lavorato come fotografo, senza particolari velleità artistiche, alle dipendenze del Comune, del quotidiano Il Messaggero.

Come si lega la fotografia al tuo lavoro?

Nella mia vita, applicandolo anche alla attività, mi sono sempre interessato di comunicazione e l'ausilio della fotografia in questo campo per me è fondamentale, specie se intesa come comunicazione di promozione territoriale. E' verso questo settore che s'indirizzano le mie mire professionali, praticamente da sempre. I miei clienti sono stati spesso gli Enti locali (Comune, Provincia, Regione, Comunità montane, ecc.) anche se spesso ho visto pubblicati i miei scatti da autorevoli magazine di interesse naturalistico.

Avendo la nostra provincia nelle proprie bellezze naturali il punto di massima attrazione turistica, per passione ma anche per cultura ambientalista, la mia fotografia (come tutta un'altra serie di interessi personali) è stata incentrata sul raccontare e valorizzare il territorio in cui vivo e lavoro, seppur mi rechi spesso fuori Italia per seguire lavori che coltivo in contemporanea.

La valorizzazione dell'ambiente in cui si vive, pertanto, è un tuo dogma?

Un tempo, anni ed anni fa, erano in pochi a conoscere a perfezione i nostri gioielli di casa come il Velino, il Terminillo, i laghi e molto altro ancora. Oggi si sa decisamente di più ma ricordo che più di vent'anni fa, quando uscivano i miei primi libri sulla nostra montagna o sul fiume amico che solca in due Rieti, c'era stupore nell'apprendere alcune notizie sulle loro peculiarità. Oggi tutti apprezzano e valorizzano maggiormente queste nostre preziosità ma tutti hanno un'interpretazione un po' sommaria dell'intero territorio, enti compresi. Chiunque si interessi dell'aspetto naturalistico del nostro comprensorio a mio avviso non riesce a farlo approfonditamente, magari studiandolo un po' di più. Malgrado abbia sempre più impegni all'estero, sto ancora realizzando dei progetti qui a Rieti grazie ad una serie di collaborazioni con La Riserva dei Laghi sia sul turismo in generale che sul marketing turistico. Questo mi porta a fare delle considerazioni su tante iniziative che vengono promosse nella nostra zona ma senza un vero e proprio progetto iniziale che miri effettivamente a colpire il bersaglio in modo diretto. Si creano marchi, logo, si pubblicano foto, reportage ma senza una scrupolosa pianificazione ideale che riesca veramente a mettere in risalto le eccellenze di questo territorio. E Rieti ne avrebbe molto bisogno.

Quali sono stati i tuoi inizi con una fotocamera in mano?

Ho iniziato con l'interesse sfrenato per la natura e devo dire che conosco l'intero nostro comprensorio più delle mie tasche, l'ho girato per anni in lungo ed in largo, ovunque percorrendolo sempre rigorosamente a piedi. A vent'anni realizzai una mostra nella sala comunale e fu lì che capii di avvertire forte l'esigenza di continuare su quella strada. Le uniche immagine nostri luoghi esistenti all'epoca erano quelle poche ed impolverate cartoline, per lo più in bianconero, che si potevano trovare dai tabaccai. Non esistevano guide turistiche della nostra zona, fatta eccezione per quella di Sacchetti Sassetti risalente agli anni andati e, d'accordo con l' EPT di Rieti, ne realizzai una quasi trent'anni fa. Ma fu la voglia di dare una ventata di novità alle cartoline della nostra città, dei nostri luoghi, della nostra gente, che mi spinse a fare un mare di scatti per scegliere i più rappresentativi, darli alle stampe della neonata tipografia Fabbri, per poi offrirle ai negozianti che le avrebbero dovute vendere. Economicamente fu un disastro, commercialmente peggio. I miei scatti non erano i "soliti" a cui i tabaccai erano abituati (vecchio ospedale, piazza con la 500, albero gigante in piazza Oberdan e simili...), quel che ritraevo per loro non aveva senso, non era Rieti, non c'era nulla che riportasse alla "loro" città.

Dicevi di aver girato il mondo...

Ho sempre viaggiato in vita mia. Ho iniziato a farlo in tenera età, 13-14 anni, in autostop, girando praticamente così tutta l'Europa portando con me una fida Zenith e l'indimenticabile Minox. Il '68 era passato da poco tempo ma la scia di quel senso di intendere ed interpretare la vita ancora s'avvertiva in modo evidente; raccontare i propri viaggi, le proprie esperienze attraverso un diario di bordo o scatti fotografici, per me era l'ideale, l'indispensabile. Già a quell'età avevo realizzato servizi in India, Pakistan, per PlainAir, Airone... insomma mi ingegnavo affinché questa passione potesse diventare un lavoro, cosa che poi è accaduta e cha a tutt'oggi svolgo con immutata dedizione.

Cosa bolle in pentola nei tuoi prossimi progetti?

A chiunque reputo tratti la fotografia, anche in modo amatoriale, in maniera seria, costruttiva e costante, propongo un'iniziativa che ricalca quelle già realizzate nelle più importanti città d'Europa. Esiste "Un giorno a Roma", "Un giorno a Madrid", "Un giorno a Mosca", dove il "giorno", simbolicamente, lascia intendere un periodo più o meno lungo per ritrarre, per dare un'interpretazione particolare al territorio di quella città nel modo più bello e diverso dal solito. Questo è un progetto, un'idea che ho da anni e mi piacerebbe si potesse concretizzare quanto prima.

 

 

 

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