di Andrea Carotti - Non tutti sono a conoscenza che nella storia della musica alcuni generi che fanno da etichetta a un determinato stile musicale, che sia per modo di suonare, strumenti utilizzati, uso della voce o contenuto dei testi sono riconducibili, in realtà, a un vero e proprio movimento (artistico, culturale, politico, giornalistico). Pensiamo al punk, che prima di essere chiamato tale non aveva etichette, anzi era proprio la volontà di non appartenere a nessuno schieramento a far diventare celebre questo movimento musicale che infuocava nei garage e nei locali underground americani e inglesi. E’ stato grazie ad una rivista e al bisogno della gente di dare un nome a quell’ondata rivoluzionaria, che non poco infastidiva i ben pensanti e che preoccupava la classe borghese, ed ecco che si comincia a parlare di punk. Naturalmente tutte le band se ne fregarono altamente. Lo stesso discorso andrà a valere negli anni seguenti con la new wave e il post-punk. Una piccola premessa ma importante per descrivere probabilmente l’aspetto più riuscito del film di cui andremo a parlare. L’ultimo lavoro del regista australiano Craig Gillespie (I, Tonya) ricorda molto il videoclip musicale sia per alcuni stili di ripresa adottati che per la quantità di brani non originali presenti nella pellicola che sovrastano la dimenticabile colonna sonora originale. Ma l’inventiva a livello audiovisivo è anche attraversata da un’atmosfera inquietante che deriva da un conflitto essenzialmente umano, concetto su cui si fonda la regia e lo stile narrativo. Parliamo di Crudelia, o meglio Cruella, come anche traduzione italiana vuole (cercasi motivazione).
Le origini della famosissima cattiva Disney de “La Carica dei 101”, la storia di Estella, una bambina appassionata di moda dal carattere esuberante e dal bizzarro taglio di capelli metà bianco e metà nero che dopo aver tristemente assistito alla tragica morte della madre si ritrova orfana. Conoscerà Horace (Paul Walter Houser) e Jasper (Joel Fry), due ladruncoli e orfani come lei con i quali nascerà un forte rapporto di amicizia e con cui, tra furti e truffe, passerà diversi anni insieme. La svolta nella vita di Estella (Emma Stone) arriverà quando realizzerà il sogno di lavorare per una grande stilista, la baronessa (Emma Thompson). Un giorno scopre che la baronessa le nasconde qualcosa di terribile che la sconvolgerà al punto di non capire più chi sia veramente. Quale sarà il suo vero volto, Estella o Cruella?
Continua quella che per molti è considerata la distruzione dei personaggi Disney, specialmente i cattivi, accusati di venire sciaguratamente ridimensionati dai rispettivi adattamenti in live-action. La scelta della casa di Topolino di riadattare i classici fino ad ora ha portato certamente grandi incassi a fronte però di tante critiche in specie dai nostalgici e bisogna dire che la prima domanda da porsi sulla questione è se l’esistenza di queste produzioni abbiano senso o meno. Entriamo nel merito. Con Maleficent ci fu il primo stravolgimento del personaggio, Malefica faceva più che altro azioni benefiche e forse l’intenzione era proprio quella, che esistono in tutti più strati del nostro carattere, non c’è buio assoluto o luce assoluta. Il bipolarismo di Malefica veniva rappresentato con la maternità, con la sensazione crescente di affetto per “La bella addormentata”. Estella sin da piccola viene educata ad essere gentile, rispettosa, composta, viene da dire come una principessa. Ma è la cattiva! E’ su questo concetto che il film ruota, che troppo spesso pensiamo a come gli altri vogliano che noi siamo piuttosto che essere noi stessi. Anche in Cruella, quindi, il bipolarismo, la lotta interiore, la voglia di ribellione, di evadere da un contesto sociale che ti mette in ginocchio, è centrale. Un concetto di denuncia molto nobile che riflette sulla contemporaneità nonostante il film sia ambientato nella Londra degli anni ’70, tra l’altro ricostruita benissimo dal punto di vista estetico. Costruire personaggi femminili forti è sempre stato un punto di forza di casa Disney e in questo caso associare la lotta contro il sistema, l’emancipazione femminile alla rivoluzione punk‘77 si è rivelata una scelta più che azzeccata, basti vedere la grandiosa Emma Stone trasformata in una autentica icona Punk e intonare le parole di I Wanna be your dog dei The Stooges o sfilare al ritmo di One way or another dei Blondie è esaltante. Allora dov’è che il film non funziona? E’ il presupposto ad essere problematico, il soggetto. L’opera si chiama Crudelia, e nell’immaginario collettivo è identificata in una donna di età indecifrabile, dai tratti spigolosi, arrogante e meschina, con la pelle ingrigita dal fumo e soprattutto con una vera pelliccia di dalmata. Per quanto Emma Stone sarebbe in grado di interpretare magistralmente persino un muro di cemento armato risulta poco credibile nei panni di questo personaggio a differenza magri di Glenn Close che interpretò anni fa lo stesso personaggio in chiave sicuramente più cartoonesca e sopra le righe ma con un phisique du role incredibile. Ed effettivamente manca la cattiveria, il personaggio non si spinge mai oltre; la fotografia molto scura, suburbana non è quasi mai al servizio dei protagonisti. Colpisce molto una frase di Cruella che dice dopo aver fatto credere alla popolazione di aver scuoiato tre dalmata per farsi una pelliccia: “La gente ha bisogno di un cattivo in cui credere, e questo fatto mi ha solo aiutato a raggiungere lo scopo”. Il film si autodenuncia in pratica, ci dice che la gente crede solo quello che vuole credere o che si limita a pensare ciò che si vuole far loro pensare oltre alla frase “nel bene o nel male basta che se ne parli” che il regista eleva a concetto universale e non solo relegata ai nostri tempi.
Insomma, non è una Crudelia cartoonesca quella che vediamo in scena. La struttura del “doppio villain”, con il ruolo della baronessa in prima linea, narrativamente è familiare in particolare per gli appassionati dei cinecomic. Bisogna dire che lo stile narrativo è più simile a quello di una serie televisiva perché nel momento in cui si vuole approfondire e sfruttare storie già narrate esplorando il background di un personaggio, fare uno spin-off o un crossover di un altro, e raccontare le origini di un altro ancora non è più il contenuto ciò che interessa ma il mero profitto. Non è una novità questa per la Disney che già con l’MCU ha cercato di coniugare la popolarità e interesse per le serie TV con l’arte cinematografica.
La sceneggiatura di Tony McNamara (che ha collaborato tra gli altri allo script de La Favorita di Yorgos Lanthimos sempre con Emma Stone tra le protagoniste) è ben scritta, è apprezzabile la varietà di generi che offre: oltre allo scontato mix di comedy e drama a cui la Disney ci ha abituati è interessante la svolta spy soprattutto in un momento del film in cui i Nostri si devono infiltrare in casa della baronessa per rubare un medaglione a cui Cruella è molto legata. Sequenze che ricordano molto lo stile di Steven Soderbergh in Ocean’s 11. Ma c’è anche una spruzzata di giallo inevitabilmente contaminato dai comic relief del film Horace e Jasper che ricordano i divertentissimi protagonisti di Ladri di Cadaveri o anche se vogliamo restare in ottica Disney, al Gatto e la Volpe di Pinocchio (forse troppo empatici e intelligenti). Bocciato il ritmo, i tempi sono mal gestiti, i cinque atti del film si prendono troppo tempo per dire cose non necessarie, diciamo che è un’opera troppo lunga per quello che ha da dire; 134 minuti che purtroppo sembrano valere doppio a causa di un montaggio didascalico e povero di mordente e che gestisce frettolosamente il momento chiave dell’opera, la trasformazione di Estella in Cruella. Un appunto va anche sulla scelta abusata da parte di Disney di mettere in scena la morte dei personaggi (perlopiù i cattivi) facendoli cadere nel vuoto da un dirupo, scogliera o castello che sia. Un espediente che è un marchio di fabbrica e sicuramente fa sempre un effetto coup de théâtre ma è un po’ ridondante, in particolare per i vecchi appassionati.
In sostanza il film di Gillespie brilla per aspetto visivo e le scenografie di Fiona Crombie compongono scenari deliziosi. I costumi di Jenny Beaver, costumista due volte premio Oscar abbinano eleganza e ambizione a emancipazione e autenticità, la musica è la vera protagonista della scena seppure in modo spesso invadente ma un grande merito va sicuramente a chi riesce a far mantenere salda l’attenzione dello spettatore per tutto il film: Emma Stone ed Emma Thompson. Essendo questo, come molti film di Hollywood, un film di attori (in questo caso di attrici) le due Emma sfoggiano le loro armi migliori. Le loro cattive, sono vere e proprie opere d’arte viventi, donano a chi guarda un impatto visivo magnetico che hanno le icone fuori dallo spazio e dal tempo.
La competizione che si respira non è solamente quella in scena tra la baronessa e Cruella – “La Regina è morta, lunga vita alla Regina!” dice la protagonista in una scena, ma anche fuori. Generalmente la Stone è un vero schiacciatutti, in qualsiasi ruolo riesce a brillare ma ha dovuto fare i conti questa volta con un’altra fuoriclasse. Migliore interpretazione e miglior personaggio alla magnifica Emma Thompson, probabilmente il vero villain del film.
Link del trailer qui sotto
29_05_21