di Massimo Palozzi - L’ora della verità è finalmente arrivata. Stasera si saprà infatti chi, tra Claudio Di Berardino e Simone Petrangeli, sfiderà per conto del centrosinistra il rappresentante del polo conservatore Daniele Sinibaldi alle elezioni di primavera per la carica di nuovo sindaco di Rieti.
Le urne delle primarie rimarranno aperte fino alle 20, dopodiché comincerà lo spoglio dal quale uscirà il nome del candidato dello schieramento progressista. Nonostante le difficoltà legate al Covid e al momento di tensione internazionale, entrambi hanno giocato fino in fondo le rispettive carte per convincere l’elettorato di riferimento. E se Di Berardino, assessore regionale a Lavoro, Scuola e Ricostruzione, nonché ex segretario generale della Cgil del Lazio, è alla sua prima esperienza in questa speciale competizione, l’avvocato Petrangeli ci è invece già passato nel 2012, quando il successo alle primarie gli lanciò la volata per conquistare il Comune dopo 18 anni di predominio della destra.
Il centrosinistra arriva un po’ in ritardo all’appuntamento, soprattutto se paragonato alla rapidità con cui il fronte opposto ha scelto il proprio candidato. Già a novembre la coalizione di partiti e liste civiche che dal 2017 governa Palazzo di Città ha individuato nel vicesindaco e assessore alle Attività produttive e Turismo la personalità da investire del compito di confermare all’attuale maggioranza il controllo del Comune. A dispetto della giovane età (36 anni), la scelta di Sinibaldi è apparsa subito in continuità con l’azione della giunta guidata da Antonio Cicchetti. Non solo infatti Sinibaldi ricopre il ruolo di vicesindaco con deleghe molto pesanti, ma la sua collocazione politica (è il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia) sottolinea come l’intero raggruppamento si mantenga a marcata trazione di destra. Il progetto prosegue insomma nel solco tracciato a partire dal 1994 con i due mandati dello stesso Cicchetti e i successivi due di Giuseppe Emili, interrotti nel 2012 da Petrangeli, il quale mancò però il bis cinque anni dopo per appena 99 voti all’esito di un ballottaggio al cardiopalma, ancora a vantaggio dell’inossidabile Cicchetti.
Nel corso di questo quinquennio il centrodestra ha avuto modo di rafforzarsi, aggregando tre formazioni di centro: Italia viva, Udc e Cambiamo - Coraggio Italia. Se le ultime due si sono fin dalle origini identificate con quel mondo (per quanto annoverino adesso esponenti di spicco transitati dal centrosinistra), a far più rumore è l’adesione del partito fondato da Matteo Renzi. Fin dalla nascita è stato infatti sempre all’opposizione in consiglio comunale, esprimendo come capogruppo quel Giosuè Calabrese che dal 1995 al 2004 ha ricoperto per due legislature il ruolo di presidente della Provincia sotto le insegne dell’allora Partito popolare e con l’appoggio di una compagine di centrosinistra.
Le aperture (timidamente) smentite verso il polo opposto risalgono a qualche mese fa. L’alleanza organica ha poi trovato il suo compimento in un atto politico significativo in occasione delle elezioni provinciali del 18 dicembre con la candidatura del sindaco di Stimigliano Franco Gilardi, premiato alle urne ed entrato formalmente nella maggioranza di centrodestra per conto di Iv lo scorso lunedì, quando il presidente Mariano Calisse gli ha affidato le deleghe ai Fondi Pnrr, Manutenzione del patrimonio scolastico e Politiche caccia e pesca. Dopo aver annunciato l’appoggio a Sinibaldi poco meno di un mese fa, Italia viva ha quindi costituito la lista Rieti al centro insieme all’Udc, a Cambiamo - Coraggio Italia e a una componente civica. La lista è stata presentata giovedì nella sala consiliare della Provincia con la soddisfatta benedizione del vicesindaco.
Tornando alle primarie, il borsino della vigilia non segna una particolare prevalenza dell’uno sull’altro. Che si siano tenute è di sicuro un successo di Petrangeli per essere riuscito ad imporle nonostante il contrario avviso di diverse forze. A cominciare dal Partito democratico, che della formazione di centrosinistra è l’elemento maggioritario. I dem avrebbero voluto presentare alla città un candidato frutto della sintesi tra le varie sensibilità culturali interne alla coalizione senza passare per il vaglio preventivo delle primarie, anche a costo di rinunciare ad un proprio esponente. Alla fine la scelta era caduta su Claudio Di Berardino che, per l’appunto, proviene da Articolo uno. L’ex sindacalista non è stato tuttavia in grado di coagulare il massimo del consenso, principalmente per la determinazione con la quale Petrangeli e i suoi hanno insistito per la preselezione aperta ad iscritti e simpatizzanti, dove l’ex sindaco conta di prevalere ancora una volta. Se si tratti di un’illusione o di un’opzione concreta lo scopriremo in tarda serata. Sta di fatto che la mossa ha rimesso in discussione alleanze e tattiche proprio mentre si stavano delineando intorno alla figura dell’assessore regionale. La possibile convergenza del Movimento 5 stelle è infatti caduta a seguito del ricorso alle primarie, alle quali i grillini non partecipano. Il resto del Terzo polo (socialisti, Uniti per Rieti e Nome officina politica), che fin dall’inizio ha avanzato la candidatura dell’ex assessore e attuale consigliere comunale socialista Carlo Ubertini, si è lo stesso tirato indietro di fronte all’eventualità di appoggiare uno dei due contendenti, trovandosi ora a dover risolvere il dilemma su come acconciarsi in vista del primo turno. Vale a dire se presentare comunque un candidato di bandiera e rimandare al ballottaggio il ragionamento sugli apparentamenti o confluire fin da subito sul vincitore delle primarie. Pure in questo caso, risulterà dirimente il nome dello sfidante di Sinibaldi.
Un’immediata scelta di campo l’ha fatta invece Rieti in comune, la lista che fa capo al deputato Alessandro Fusacchia, schieratasi alle primarie a favore di Di Berardino nell’ottica di quel campo largo tanto evocato dalle parti del Pd.
Da domani la corsa a due per la poltrona più alta di palazzo di Città sarà dunque delineata. I prossimi saranno mesi di campagna elettorale vera e non più a bassa intensità come abbiamo visto finora con le faccione dei candidati occhieggiare in mezzo a slogan più o meno intelligenti dai cartelloni affissi in giro per la città.
Tra i postumi del terremoto e l’emergenza Covid la consiliatura in scadenza non ha certo brillato per risultati. Soprattutto pesa lo straordinario macigno del predissesto e del relativo piano di rientro concordato dalla giunta Petrangeli per far fronte all’enorme buco di bilancio ereditato dalle gestioni precedenti. Se non fossero in arrivo i fondi del Pnrr e quelli in qualche modo ad esso collegati, il problema della gestione finanziaria dell’ente si farebbe ancora più serio. Del resto, la situazione rimane assai precaria. A novembre il Sole 24 Ore ha citato proprio Rieti come “esempio non virtuoso” per il debito pro capite dei suoi abitanti rispetto al bilancio del Comune al termine del 2020: 570 euro che idealmente gravano su ogni reatino, inclusi i neonati.
6_3_22