Febbraio 2021

RIETI MISTERIOSA

ANCORA I TEMPLARI: E SE FOSSE ANDATA COSÌ?

storie

Continua l’avventura. Guido Carlucci è ormai sulle tracce dei Templari e non intende fermarsi. L’entusiasmo e l’energia guidano una ricerca dedicata al nostro ‘Riccardone’ che in passato portò questo tema in ‘Rieti Misteriosa’, ci spingono quindi a dargli voce sia pure ricordando che questa rubrica pone le domande, recupera le nostre leggende, conserva testimonianze orali e lascia agli esperti la documentazione storica. A noi interessa che il racconto, come ogni storia che si rispetti, abbia il dono della ‘fascinazione’ al di là della credibilità scientifica. 

La tesi di fondo

I Templari non vennero di fatto perseguitati subito, nel 1307, ma successivamente, soprattutto nell’ambito italiano. Ebbero quindi la possibilità di organizzare la clandestinità o la fuga e il salvataggio di parte del loro patrimonio. I documenti giudiziari pervenuti infatti, anche se parziali, mostrano che furono pochi gli imputati presenti nei processi e quindi catturati. Tra i tanti che fuggirono vi furono anche Guy de La Roche e quattro cavalieri, che giunsero sul Terminillo nell’inverno del 1307. E’ convinzione di Guido Carlucci è che si tratti di sola leggenda… 

“Diciotto navi, diciotto caravelle templari lasciarono La Rochelle nell’autunno 1307. La Rochelle non era solo un porto, ma una vera e propria città-fortezza templare.

Da qui salparono con una cinquantina di muli/cavalli e tre carri di fieno e sicuramente portarono via per sempre dalla Francia parte del tesoro dell’Ordine: denaro, reliquie e soprattutto documenti. Molti cavalieri presero parte all’impresa. Vi sono due liste, redatte durante la deposizione processuale di uno di loro, in cui si parla anche della presenza di Guy de La Roche.

9 caravelle si diressero in Scozia presso i possedimenti di Henri Saintclair. Altre costeggiarono il golfo di Biscaglia e giunsero forse nei pressi di Oviedo o di Santiago de Compostela, ma comunque in Portogallo (altro paese che non perseguitò i cavalieri del Tempio). Forse per gli stessi motivi, altre giunsero nel Regno di Aragona. Non è escluso che almeno una di queste navi sia giunta sotto mentite spoglie in Italia, probabilmente attraccando in un porto gestito ancora dai Templari, sul medio litorale tirrenico.

Da qui con quattro fedeli commilitoni, de La Roche intraprese un viaggio verso l’Italia centrale. Non se ne conosce lo scopo. Le autorità papali e civili, tanto nello Stato della Chiesa, quanto nel Regno di Napoli, iniziarono a non guardar loro di buon occhio, sebbene ancora non fosse stato emesso alcun editto o alcuna bolla.

I cinque cavalieri percorsero strade secondarie, evitando anche i maggiori centri urbani, prediligendo abitazioni di persone fidate o masserie templari minori.

 

E se fosse andata così?

I cavalieri arrivarono in Valle Santa, sconfinando nel Regno di Napoli e forse sentendosi braccati decisero di salire nei pressi del Terminillo per disperdere le proprie tracce. Salirono al monte passando per Lugnano, Categne, finché non giunsero ad Aspra e alla piana di Rosce dove attesero il 21 dicembre: una data simbolo? “Non è remota l’ipotesi che i 5 cavalieri, consci di un evento che avrebbe convogliato in loco più comunità circostanti, avessero atteso tale giorno per negoziare il rifugio e la protezione di cui avevano bisogno.” Non sappiamo se avessero o meno portato a termine la propria missione, ma il loro superiore Guy de La Roche sciolse i suoi commilitoni dal giuramento prestato, dopo una breve formula e dopo aver piantato la spada in una fessura di una roccia, poco sotto il Colle del Termine. Poi disse ai cavalieri di disperdersi “ai quattro venti”, come si legge nel suo testamento. Ed ecco egli bussò al convento de La Foresta e divenne fra’ Bernardo; un cavaliere giunse a Micigliano, un altro a Borgovelino, uno a Castel Sant’Angelo ed infine uno ancora a Cittaducale (e contribuì, secondo quanto si dice, alla fondazione di Cittaducale nel seguente anno). Come ritiene Carlucci, i cavalieri continuarono la loro vita in questi paesi.

 

I simboli sparsi sul Territorio

Nell’ambito di tale ricerca tanti sono i simboli che Carlucci ritiene di aver rintracciato sul territorio (Antrodoco, Borgovelino, Micigliano, Colle Rinaldo, Castel Sant’Angelo, Cittaducale).

“Nella chiesa di Santa Cecilia, a Cittaducale, ritroviamo un mezzo busto dall’aspetto di cavaliere emblematico per il significato intrinseco in esso contenuto. Il cavaliere sorregge un libro sul quale si legge la scritta ‘Ego Sum Lux’, nella parte mancante del libro sono chiaramente visibili due lettere M D che fanno intuire la scritta MUNDI, a completamento della scritta ‘Ego Sum Lux Mundi’. Quale personaggio reale sia raffigurato nel mezzo busto è ignoto anche agli abitanti del luogo, ma la croce templare e l’aspetto da cavaliere lasciano intendere una presenza templare che va ben oltre il 1308 e comunque non passa inosservata. Un ultimo rinvenimento di notevole importanza sono le incisioni riportate su una delle campane della chiesa di Sant’Agostino sita in via Duca Roberto, dove si scorge una croce di fattura simile a quella del mezzo busto del “cavaliere” e, a sinistra, quello che sembra essere un probabile 1308, anno di fondazione della città” A Cantalice è stata rinvenuta e sottolineata la presenza di una croce patente templare, riconoscibile per la forma a croce greca, i cui assi partono dal centro sottilmente per terminare più ampi, formando alle estremità un’ancora per ogni braccio.

Invece, a Castelfranco appoggiata alla parete esterna della chiesa di San Giovanni Battista si trova una bella croce con quattro raggi che dipartono dal centro, riferibile all’Ordine Cavalleresco degli ospedalieri di San Giovanni (Cavalieri di Malta). Dopo lo scioglimento dell’ordine dei templari, furono loro (noti anche come i Cavalieri di Malta) a ricevere in eredità i possedimenti e beni materiali e morali dei templari proseguendone il progetto.

Infine, un altro segno tipico è il “fiore della vita”, ritratto anche all’interno del tempio di Salomone. Si tratta di un fiore con sei petali lanceolati inscritto all’interno di un cerchio. La scultura rinvenuta a Fonte Colombo, Labro Cantalice, simboleggia i sei giorni della creazione del mondo, perfezione cosmica, racchiusa nel cerchio rappresentante il sole-Dio.

“La mia tesi finale è questa - spiega Carlucci - Esiste un cammino dei cavalieri templari in Valle Santa i quali, così come in Terra Santa, proteggevano i pellegrini, simboli sono osservati e ritenuti attribuibili all’Ordine anche da esperti e studiosi che avvalorano la mia ricerca.”

 

(si ringrazia Luca Dionisi e Castaldato.it)

condividi su: