a cura di Massimo Palozzi

Ottobre 2021

IL DOMENICALE

AMMINISTRATIVE 2022, SI SCALDANO I MOTORI

politica

di Massimo Palozzi  - Il primo turno delle amministrative di una settimana fa ha impresso un’accelerazione anche a Rieti, dove la primavera prossima si eleggeranno il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale.

Da mesi il fuoco dei preparativi cova sotto la cenere, coinvolgendo tanto i partiti tradizionali quanto le liste civiche in via di allestimento. In attesa dei ballottaggi, i risultati usciti dalle urne lunedì sembrano aver spinto i vari contendenti ad arrivare presto alla stretta finale per la scalata a Palazzo di Città. La destra, in particolare, ha recepito l’autocritica di Matteo Salvini. Esaminando l’opaco risultato della sua coalizione, il segretario della Lega ha individuato una delle principali carenze nella tardiva indicazione dei nomi dei candidati. Il primo a raccogliere la sfida è stato il sindaco uscente. In un’intervista al Corriere di Rieti, Antonio Cicchetti ha sollecitato ad individuare entro il mese di ottobre la persona da proporre al suo posto, confermando implicitamente l’intenzione di non ripresentarsi. Intenzione poi ribadita nel corso di altre dichiarazioni dove ha spiegato di voler puntare sui giovani per un rinnovamento generazionale dell’amministrazione comunale.

Lanciato il sasso nello stagno, sono stati diversi gli esponenti dell’attuale maggioranza ad associarsi alle parole del primo cittadino. Qualcuno in maniera fin troppo interessata, facendo parte di quel ventaglio di candidati che il centrodestra ha finora individuato pur non avendo ancora operato la scelta definitiva.

Se per il coccodrillo politico di Cicchetti c’è tempo, le manovre interne al centrodestra sono invece avviate verso l’inevitabile redde rationem tra personalità che sgomitano per emergere a livello individuale e rivendicazioni di partito basate più sulla suggestione dei sondaggi che sulla reale forza del candidato da poter mettere in campo.  La chiamano sintesi, ma da che mondo è mondo è una lotta all’ultimo sangue da dove uscirà un vincitore al quale, ancor prima di convincere gli elettori, toccherà il compito di ricucire al proprio interno evitando che il malcontento dei delusi degeneri in disimpegno o, peggio, boicottaggio.

Il quadro tracciato per il centrodestra a trazione destra (il fatto che Cicchetti sia formalmente esponente di Forza Italia non sposta di una virgola gli assetti della maggioranza che governa Comune capoluogo e Provincia) vale naturalmente anche per il fronte opposto.

Il centrosinistra è ancora alle prese con l’ipotesi primarie. Da strumento di democrazia diffusa varato con coraggio qualche anno fa, l’istituto non raccoglie più grandi favori. Localmente sono plurime e autorevoli le voci contrarie. La causa di tanta diffidenza risiede in primis nella volontà di evitare una conta interna prima del necessario. Un risultato risicato, uno scarto di vantaggio minimo potrebbero infatti danneggiare seriamente le possibilità di vittoria finale di un candidato che si presentasse agli elettori senza la spinta di un mandato forte da parte della sua stessa base. In casi del genere la regola è che chi primeggia poi riceverà il sostegno unanime degli altri, ma la storia insegna che le rivalità personali spesso finiscono per prevalere sullo spirito di squadra. In buona sostanza è questa la ragione che ha impedito la divulgazione del risultato del sondaggio telefonico commissionato a inizio estate dal centrodestra su una rosa di nomi comprendente il vicesindaco Daniele Sinibaldi (FdI), il consigliere Roberto Donati per la Lega e gli assessori Giovanna Palomba (Forza Italia) e Antonio Emili (indipendente di destra).

Da quanto è filtrato, ad avere la meglio sarebbe stato il vicesindaco e coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia, sebbene non in maniera plebiscitaria e dunque senza il conforto di un chiaro favore popolare.

Il secondo motivo che a sinistra ha sopito gli entusiasmi per le primarie riguarda le modalità di coinvolgimento delle aree contigue al fronte progressista e al Pd che ne è il riferimento. In effetti le primarie, aperte a tutti, dovrebbero servire a favorire la partecipazione di soggetti non incasellati nei ranghi della politica. Il problema è che poi sopravviene l’effetto opposto, per cui nessuno ci sta a perdere e quindi si mettono in campo enormi sforzi organizzativi che di solito finiscono per premiare gli apparati maggiormente strutturati come sono i partiti, a scapito di formazioni spontaneistiche o associative rette da impegno civile ma prive di effettive capacità di mobilitazione.

Un terzo freno alle primarie è costituito dal precedente del 2012, quando il Pd perse il candidato a favore di Simone Petrangeli, allora espressione della sinistra radicale di Sel, presentando due sfidanti che finirono per eliminarsi a vicenda. Alla fine gli andò pure bene, visto che Petrangeli vinse le elezioni interrompendo la lunga striscia di sindaci provenienti dalla destra del Movimento sociale, che sarebbe poi ripresa nel 2017 dopo la sua unica sindacatura. Petrangeli però è uno testardo e ha già fatto sapere che in coalizione o da solo comunque sarà della partita: ennesima grana per i maggiorenti del centrosinistra reatino che ad oggi vanta un deputato, un assessore regionale, un consigliere regionale e pure un altro deputato, visto che Alessandro Fusacchia, eletto tre anni fa all’estero con la Bonino, ha ormai mollato il suo recente passato, approdando nel centrosinistra nazionale e in quello locale dove è l’anima di Rieti in Comune.

Un’ultima questione che impegna gli strateghi Dem sono i rapporti con il Movimento Cinque stelle. Dalle amministrative del 2017 il panorama è radicalmente cambiato. Quattro anni fa i seguaci di Beppe Grillo aspiravano all’autosufficienza, la stessa che Walter Veltroni immaginava come vocazione maggioritaria per il suo Pd. Oggi quel sogno è definitivamente sfumato, come accantonate appaiono le velleità un po’ snob di non stringere alleanze con nessuno. Se anche a Rieti si va profilando un possibile accordo Pd-M5s sull’onda lunga dell’intesa Letta-Conte, le primarie potrebbero allora costituire un ostacolo al tanto evocato campo largo (che così diventerebbe larghissimo), inclusivo al massimo delle sue potenzialità.

Nello scenario delineato, meritano infine una riflessione le parole del sindaco Cicchetti a proposito delle “procedure folli messe in atto per via legislativa, che non consentono di prendere impegni e portarli a compimento”. Il riferimento è alla paradossale riduzione di consenso elettorale conseguente all’azione amministrativa. Il principio per cui il potere si autoalimenta, negli enti locali sembra entrato in crisi. Secondo Cicchetti la colpa sarebbe di “leggi folli” che minano la credibilità degli amministratori impedendo la realizzazione dei programmi presentati in campagna elettorale, dovendo “gestire le vicende con normative fuori dal tempo” che “non consentono di prendere impegni e portarli a compimento”. La doglianza è fondata ma improponibile sul piano pratico. Nessuno contesta l’astrusità di molte disposizioni normative, la scrittura oscura dei testi di legge e il peso elefantiaco della burocrazia che aggrava le procedure fino allo sfinimento. Ma si tratta di precondizioni. Cioè di un palinsesto sistemico precedente quasi per intero al mandato di ogni sindaco, assessore o consigliere, i quali hanno pertanto l’obbligo morale di conoscerlo per architettare soluzioni compatibili con lo status quo e presentare di conseguenza proposte credibili in quanto attuabili. Nascondersi dietro l’accidentato percorso della singola pratica è sintomo quantomeno di scarsa preparazione, se non di demagogia allo stato puro. Chi governa, a tutti i livelli, sa (o almeno dovrebbe) il quadro giuridico in cui si troverà ad operare. Serietà impone allora che le intenzioni offerte all’elettorato siano sorrette da concreto realismo e non figlie di sguaiata propaganda. Del resto, l’adozione giovedì del decreto del ministero delle Infrastrutture con cui sono state assegnate al Comune risorse per circa 17 milioni di euro destinate al finanziamento dei progetti elaborati dalla giunta per la rigenerazione urbana e la “qualità dell’abitare”, dimostra come la buona amministrazione possa comunque ottenere risultati nonostante le difficoltà endogene e quelle di contesto.

 

10-10-2021

 

 

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