a cura di Maurizio Festuccia

Dicembre 2017

SCATTO D'AUTORE

ALBERTO AGOSTINI

Il fotonarratore

foto

Il numero natalizio di questo spazio dedicato ai fotoamatori del nostro territorio trova sotto l'albero la bella sorpresa di un poeta della fotografia, uno di quelli ancora puri alla ricerca continua di scatti che possano, oltre che raccontare, emozionare. Sotto la buona luce dei nostri riflettori, stavolta è il momento di Alberto Agostini.

Difatti, questa la sua premessa...
"Io uso la fotografia per esprimere, per raccontare e in un certo modo, anche per comunicare in modo "semplice" e totale. Un libro non sono in grado di scriverlo, quindi uso la mia macchina fotografica per raccontare un viaggio. Un racconto di sole immagini mi permette di vivere esperienze, emozioni, che diversamente non avrei modo di fare. Amo raccontare con le immagini le mie esperienze, le mie impressioni in città e luoghi lontani, dove talvolta si scoprono nuove usanze, diversi modi di vivere, conosci persone che ti lasciano un segno piccolo o grande che sia. Uso la fotografia senza la presunzione di riuscire a fare belle foto ma con la certezza di usare infinito rispetto e infinito amore per tutto ciò che fotografo." 

Com'è nato il tutto?
"Conservo ancora la mia prima foto: è nera, completamente nera. Per me rappresenta il mio primissimo click e qualunque fosse stata la resa, sarebbe restato sempre il mio primo! Ma la magìa della fotografia nasce casualmente per me. Rimasi estasiato da tanti foglietti bianchi, appesi in una approssimata camera oscura di mio zio Antonio Santori, quando iniziarono a mostrare, nella penombra rossa di quella buio stanzetta, una serie di immagini l'una diversa dall'altra: prendevano forma, prendevano vita, dal nulla più assoluto, piano piano fino a divenire nitide, chiare, un'alchimia fantastica che mi rapì del tutto fino a convincermi che sarebbe stata quella la chiave magica del mio modo di interpretare la vita con il terzo occhio della fotografia."

 Regole, tecnica, trucchi. Qual è il tuo pensiero?
"Non credo nelle regole, ai trucchi; secondo me il segreto per approcciarsi al meglio alla fotografia è proprio nel violare le regole, uscire fuori dagli schemi e dare spazio alla propria fantasia, al proprio modo di "vedere" quel che tutti "guardano" ma non tutti "colgono". La fotografia deve prima di tutto emozionare senza essere per forza una "bella" fotografia. Deve parlare, raccontare, e fissare quel momento per sempre. Un momento irripetibile che solo impresso da una fotocamera potrà esistere e resistere nel tempo. Quando scatto non sto sempre attento alla perfezione tecnica, all'esposizione, alla luce, quello lo lascio ai professionisti, per me una foto deve saper raccontare emozionando. Rappresenta la tua sensibilità, il tuo sentimento, la tua esperienza di vita: una foto deve ritrarre sapendo parlare di te, di quel che stai provando nell'attimo dello scatto, trasmettendolo oltre. Una fotografia deve saper raccontare sempre e comunque qualcosa, se non le riesce, per me è una fotografia sbagliata."

 Cosa pensi dei grandi ‘soloni’ della fotografia?
"Dalla mia prima macchina fotografica (una Polaroid) ad oggi (Canon 5D Mark III + Canon 1D) son passati quarant'anni ed ho sempre scattato in modo personalissimo senza mai copiare o rifacendomi a stili di altri, pur seguendoli ed apprezzandoli. E' chiaro che il confronto con i più bravi, i capostipiti di un settore, è sempre da tenere presente, ti aiuta a migliorare. Lo si deve coltivare di continuo per mettersi sempre in discussione e poter valutare i propri limiti poi, però, sul campo si scende con il proprio personalissimo modo di interpretare la fotografia, senza lasciarsi mai troppo influenzare da quegli esempi. Anche Cartier-Bresson può sbagliare, o dire poco con uno scatto: non bisogna lasciarsi influenzare dal nome, dalla firma, e questo accade un po' in tutte le categorie dell'arte. Spesso un giudizio meritocratico è influenzato dalla nomea dell'artista quando invece si possono ritrovare delle reali opere d'arte anche tra gente "comune", senza altisonanti griffe."

Sei geloso dei tuoi scatti?
"Malgrado condivida spessissimo mie foto, anche personali, sui social ce ne sono alcune che non ho mai voluto svelare in pubblico e che appartengono al mio intimo ricordo. Tra tutte alcuni scatti, rubati di nascosto, che ritraggono mio padre con mio nonno: non hanno mai amato essere ritratti in foto e non ne hanno quasi nessuna. Quelle poche le ho scattate io, fortunatamente, ed oggi quei momenti intimi e privati raccontano la storia di due vite a fianco, altrimenti persi nel nulla dell'oblio. Quella è la magìa della fotografia: blocchi quel momento e lo conservi nel tempo; in una foto, in una sola immagine rivivi quella storia fissata per sempre in uno scatto, un semplice ed apparentemente "normale" scatto."

Cos’è la fotografia nella tua vita, che posto occupa?
"Avere la macchina fotografica con me è come portarmi appresso un'arma di difesa contro il dolore, contro i problemi. La prendo tra le mani e tutto svanisce in quel mentre: la mente si occupa d'altro e mi allontana da pensieri negativi conducendo l'attenzione altrove. E' una sorta di medicinale che mi fa star bene, mi rassicura, mi mette euforia dentro anche al solo tenerla con me, senza nemmeno fare uno scatto. Sembra strano ma è anche un mezzo per affrontare meglio particolari situazioni o momenti di vita avversi. La fotografia è l'occhio dell'anima e quel reportage sugli incendi nel nostro territorio di qualche mese fa ne è stato esempio eclatante. Senza avere la fotocamera tra la mani, forse non avrei avuto la giusta adrenalina, il coraggio, per recarmi sul fronte attivo del fuoco e ritrarre l'operato dei volontari in mezzo alla boscaglia in fiamme è stato il motivo emozionale che mi ha permesso di superare, senza quasi accorgermene, il pericolo reale a cui andavo incontro. In tutto questo si sintetizza e spiega perfettamente il mio approccio alla fotografia: raccontare quegli attimi da un'espressione del volto di quegli uomini è ciò che fa vivere e rivivere quella storia per sempre, è tutto lì."

Qual è il settore della fotografia che apprezzi maggiormente?
"Ho sempre preferito la "street", la foto rubata per strada, ad altre categorie. Per me è quella l'essenza vera e pura di uno scatto. Ritrarre persone e personaggi che in quel momento non hanno un contatto diretto con te e la cui espressione del viso, del corpo, il comportamento, non sono condizionati dallo sguardo, dall'attenzione manifesta di nessuno, penso sia il massimo della spontaneità che possa essere colta,  rapita, dal tuo obiettivo; un'espressione unica ed irripetibile che esprime l'essenza dell'essere umano intento nella sua normale vita quotidiana con, e in, tutte le sue molteplici sfaccettature in situazioni particolari. Insomma, cogliere e racchiudere il contrasto tra  aspetti palesemente differenti della società in un unico frame d'insieme. Storie ai limiti opposti di vite assurdamente contrastanti tra esse. Non sono i panorami mozzafiato di un paese che attraggono il mio interesse in uno scatto ma le situazioni più nude e crude di vita di un popolo, i suoi usi quotidiani, la sua difficoltà nell'affrontare ogni improba giornata. Quello narra storie e realtà al limite dell'impossibile secondo la nostra cultura, ed è quello che preferisco raccontare con i miei scatti. Testimoniare le condizioni di esistenza estreme di altre persone, di realtà distanti dalla nostra."

 Maurizio Festuccia

condividi su: