di Stefania Santoprete – 28 anni fa mentre si consumavano le ultime ore dell’emittente locale Radio Onda Verde, vedeva la luce, nei locali adiacenti la sala trasmissione, in via Calcagnadoro 22, questa testata. Figlia della stessa esigenza di comunicare sia pure attraverso altre modalità.
28 anni che entriamo dentro le vostre case, fortunatamente accolti ancora con entusiasmo e benevolenza, ospiti graditi ci sembra di capire dai vostri feedback. Vorremmo farlo sempre con la massima leggerezza ma poi per una strana alchimia ci viene naturale affrontare temi che non sempre vi si adattano È come se ogni parola portasse con sé il riflesso del tempo che attraversiamo, costringendoci a una scrittura che, pur desiderando essere lieve, non può sottrarsi alla complessità della realtà.
(Giuro, avrei voluto parlarvi delle mille iniziative pronte per i turisti in arrivo per le feste pasquali, degli eventi offerti dal nostro territorio per il giubileo, ma… risulta difficile comprendere cosa succeda in questa città se non a ridosso dell’avvenimento stesso!)
E così, tra il desiderio di raccontare con leggerezza e la necessità di dare voce a ciò che accade, continuiamo a percorrere questa strada, fatta di pagine e incontri, di storie e riflessioni. Sappiamo che il mondo cambia rapidamente e che il nostro compito non è solo osservare, ma anche interpretare, offrire spunti di pensiero, aprire finestre sul presente senza dimenticare il passato. Per questo troverete anche il ricordo di una data importante, quella del 25 aprile. Una ricorrenza che appartiene a tutti gli italiani, indipendentemente dall’orientamento politico. Anche se storicamente la Resistenza venne guidata da forze di varie estrazioni (socialisti, comunisti, democristiani, azionisti, liberali e monarchici), la Liberazione dal nazifascismo, fu il momento che segnò la rinascita democratica del Paese e pose le basi per la Costituzione e i diritti di cui oggi godiamo.
Grazie a Massimo Palozzi per aver raccontato alle nuove generazioni una Pasqua di sangue, quando l’intero territorio provinciale divenne teatro di violenti combattimenti, con un lungo corollario di retate, deportazioni ed esecuzioni sommarie anche tra la popolazione civile. Chiunque creda nei valori della democrazia e della libertà può e dovrebbe sentirsi parte di questa celebrazione indipendentemente dalle proprie idee politiche. Celebrare la Liberazione significa riconoscere il valore della democrazia conquistata e l’importanza di difenderla ogni giorno, soprattutto in un’epoca in cui risulta sempre più difficile farlo, in cui ci troviamo ad assistere a comportamenti che vanno oltre, minando la libertà altrui.
In questo contesto, il femminicidio emerge come l’atto più tragico e simbolico di una violenza che non solo lede la vita di una persona, ma viola quei principi che dovremmo proteggere e difendere con forza, come la parità di diritti e la libertà di vivere senza paura tutti, indipendentemente dal genere.
Nella giornata di venerdì 4 aprile gli studenti universitari si sono incontrati presso la sede di palazzo Aluffi dedicando un minuto di ‘rumore’ alla collega Ilaria Sula, a Sara Campanella e a tutte le donne vittime di violenza. Centinaia, forse migliaia, di persone sono scese in strada a Terni, a Roma, per esprimere dolore e rabbia per la brutale uccisione di questa 22enne studentessa ternana iscrittasi alla Sapienza, a Roma. Ilaria è solo l’ultima vittima, accoltellata e gettata in un dirupo chiusa dentro una valigia da chi non riusciva ad accettare la fine di una storia. Se ne vanno così queste povere nostre figlie, amiche, madri, colleghe… per aver avuto l’ardire di dire ‘No’. Quel no che altri, i nostri figli, non sanno più accettare.
“Io mi sono rotta le palle dei minuti di rumore.
Mi sono rotta le palle delle fiaccolate, delle commemorazioni, delle lacrime del giorno dopo.
Io penso che sia ora di abbandonare questa ipocrisia del dolore, di smetterla anche con questo dolente “senso di impotenza”, di questo clima fatalista da tragedia inaspettata.
Io vorrei che si cominciasse sul serio a parlare di educazione, vorrei che noi adulti tornassimo a stringere un patto educativo serio su cosa è lecito e cosa non lo è, su cosa è utile e cosa non lo è per questi nostri ragazzi.
Vorrei che tornassimo a metterci d’accordo sui limiti…che se una cosa è “no” allora non si può fare né a casa né a scuola. Vorrei che smettessimo di agire per compensazione e anche che per discolpa. Vorrei che tornassimo a fare gli adulti, magari contestati, detestati, meno amati…ma attenti ad insegnare ciò che è giusto e cosa non lo è.
Vorrei che tornassimo ad insegnare la vita nella concretezza del suo fluire, delle cose che si toccano, che costano fatica e, quindi, si rispettano.
Vorrei che tornassimo ad insegnare il modo di stare insieme, cos’ è l’altro e che confini ha. Cosa lo definisce e lo sostanzia. Vorrei che insegnassimo la libertà, quella che finisce dove inizia quella dell’altro. Vorrei che tornassimo a far percepire il senso dell’altro e la sua sacralità.
Vorrei che tornassimo ad insegnare la caducità, la fallibilità, la mediocrità del nostro essere umani.
E la speranza, vorrei che tornassimo a testimoniare la speranza e che dopo ogni fine si ricomincia daccapo. Si può.
“A tutto c’è rimedio, tranne che alla morte” diceva mia nonna. Mi chiedo quand’è che tutto è diventato un dramma, fuorché la morte…che negli svariati deliri di onnipotenza di questi giovani assassini sembra essere stata svuotata di significato.
“Non volevo farle del male” sono parole pronunciate dopo aver accoltellato una persona, averne fatto a pezzi il corpo, averne occultato il cadavere e averlo gettato in un dirupo.
Per me, questa frase evidenzia una dissociazione cognitiva.
“Non sono stato io”, “ non è colpa mia”, “non so perché l’ho fatto” è la risposta della maggior parte degli adolescenti di oggi di fronte a qualsiasi colpa.
Io mi sono rotta le palle di vedere queste figlie di tutti morirci sotto gli occhi.”
Lo scrive Fabiana Mercantini, una di noi.
(Format mar-apr 2025)