di Massimo Palozzi – La settimana politica è stata percorsa da un fremito dagli effetti potenzialmente dirompenti. I consiglieri di opposizione Simone Petrangeli, Elena Leonardi, Gilberto Aguzzi e Arianna Grillo del gruppo Rieti Città Futura, Paolo Bigliocchi, Emiliana Avetti e Rosella Volpicelli del Partito democratico, Carlo Ubertini (P.S.I. – Rieti in Salute – Nome Officina Politica), Gabriele Bizzoca (T’Immagini) e Maurizio Vassallo (Per il Bene Comune) lunedì hanno inviato al prefetto una formale richiesta di scioglimento del Consiglio comunale del capoluogo per la mancata approvazione del bilancio preventivo, spiegando così la loro iniziativa: “È trascorso più di un mese da quando abbiamo segnalato la grave inadempienza di non aver portato in Consiglio, e dunque approvato, il documento di programmazione economico-finanziaria del bilancio preventivo entro il 28 febbraio, termine ultimo previsto dalla legge. Abbiamo dunque chiesto in via ufficiale al prefetto di Rieti di prendere atto di quanto accaduto e dare l’avvio al procedimento di scioglimento del Consiglio comunale”.
Lo scioglimento della massima assise cittadina è un provvedimento estremo, previsto dall’art. 141 del Testo unico sugli enti locali in situazioni particolari, tra cui appunto la mancata approvazione del bilancio in tempo utile. Considerata la gravità delle conseguenze, la legge disciplina in maniera puntuale le fasi della procedura. In breve, la premessa è che sia spirato il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato, senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema. In tal caso, viene nominato un commissario affinché provveda d’ufficio e lo sottoponga al Consiglio che deve deliberare entro venti giorni, decorsi inutilmente i quali un commissario designato ad hoc si sostituisce all’amministrazione inadempiente, mentre il prefetto avvia la procedura di scioglimento.
L’iter è insomma piuttosto articolato e tutt’altro che immediato. Ne va del resto delle sorti dell’assemblea rappresentativa democraticamente eletta, la cui decadenza anticipata potrebbe essere giustificata solo da ragioni particolarmente gravi.
La situazione del Comune di Rieti è quella descritta nella norma. La giunta non ha predisposto lo schema di bilancio e, ovviamente, il Consiglio non lo ha approvato entro il termine ultimo del 28 febbraio. Solo giovedì l’esecutivo cittadino ha infatti licenziato il bilancio di previsione finanziario e il Dup, Documento unico di programmazione 2025-2027. Dopo questo primo passaggio, una volta superato l’esame dell’Organo di revisione, i due atti approderanno finalmente in Consiglio per il loro varo definitivo.
La giunta si è difesa dalle accuse di lassismo invocando tolleranza alla luce di due circostanze: la prima, di carattere generale, è che non di rado accade che i Comuni sforino nell’approvazione dei bilanci senza conseguenze catastrofiche come la dissoluzione del Consiglio. La seconda, più propriamente tagliata sull’ente reatino, riguarda lo scarso tempo a disposizione a seguito della recente pronuncia con la quale la Corte dei Conti ha dato il via libera al secondo piano decennale di rientro, dopo il fallimento del primo a seguito della dichiarazione di predissesto formalizzata nel 2013 dalla giunta Petrangeli.
“Nello scusarci per il piccolo ritardo”, aveva replicato nei giorni scorsi l’assessore al Bilancio e Patrimonio Andrea Sebastiani, “ribadiamo di aver già comunicato alla prefettura tutti i passaggi e, a breve, arriveremo in Consiglio comunale per la definitiva approvazione del documento economico-finanziario”.
Anche agli occhi del sindaco Daniele Sinibaldi l’iniziativa dell’opposizione è apparsa pretestuosa. “Ovviamente siamo consapevoli del ritardo nell’approvazione del bilancio e ce ne scusiamo ma ciò è dovuto al fatto che l’approvazione del nostro Piano di riequilibrio da parte della Corte di Conti è arrivato lo scorso 20 febbraio, senza contare che in tanti Comuni spesso si registrano piccoli ritardi. Dato che abbiamo salvato il Comune di Rieti ci saremmo aspettati soddisfazione anche da parte della sinistra e invece ci ritroviamo con l’ennesimo appello a sciogliere il Consiglio comunale. Prendiamo atto dei soliti atteggiamenti disfattisti della sinistra”.
A margine della vicenda, che con ogni probabilità non si concluderà con lo scioglimento del Consiglio comunale, le considerazioni politiche del primo cittadino meritano una sottolineatura.
La prima riguarda gli autoattribuiti meriti di salvataggio del Comune. Intanto, preso atto dell’esito negativo del piano precedente, è tutto da vedere se le casse municipali siano state davvero messe in sicurezza. In ogni caso, l’operazione è già costata un decennio di lacrime e sangue ai contribuenti onesti e per altri dieci anni si andrà avanti con le tariffe della fiscalità locale al massimo, a fronte di servizi non proprio impeccabili. La rivendicazione appare quindi quantomeno imprudente, atteso che lo stato di predissesto, di cui ancora paghiamo e pagheremo a lungo le conseguenze, è stato dichiarato a causa delle gestioni precedenti al 2013 targate centrodestra (come l’attuale) e che le successive, del medesimo colore politico, non hanno saputo risanare.
A proposito invece dell’accusa di disfattismo rivolta ai consiglieri di opposizione che richiamano al rispetto delle norme, colpisce la disinvolta interpretazione del principio di legalità nell’azione amministrativa, al di là dell’evidente uso strumentale e dei termini eccessivamente contundenti con cui gli eletti del centrosinistra hanno posto la questione.
13-04-2025